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La fertilizzazione degli oceani per combattere i cambiamenti climatici produce più danni che benefici

9 novembre 2010 0 commenti
Ferraradi VINCENZO FERRARA
 
Se vogliamo fermare i cambiamenti climatici, la migliore soluzione non è quella di cercare affannosamente sistemi di assorbimento o di eliminazione dell’anidride carbonica atmosferica, ma di evitare, molto più semplicemente, di immettere anidride carbonica in atmosfera. Guardate un po’ qua cosa i risultati di questa ricerca.
 

Un gruppo di ricercatori sull’ambiente marino dell’Universitù della California, in collaborazione con l’Università della Luisiana e l’Università della Carolina del Sud, ha effettuato una ricerca, finanziata dalla  National Science Foundation, sullo sviluppo di alghe in ambiente marino a seguito di fertilizzazione dell’oceano mediante ferro. I risultati di questa ricerca saranno pubblicati questa settimana sui “Proceedings of the National Academy of Science”.
 
Il metodo di fertilizzazione degli oceani mediante ferro è una delle soluzioni proposte e caldeggiate anche nell’ambito dei negoziati internazionali sul clima, come un efficace “sink” dell’anidride carbonica, cioè come strumento efficace, anzi addirittura molto più efficace della forestazione e riforestazione, per l’assorbimento dell’anidride carbonica atmosferica da parte dei processi di fotosintesi delle alghe marine.
 Ebbene questa ricerca dimostra che questa soluzione è molto pericolosa, perchè tra le varie alghe, si sviluppano alghe molto tossiche, a rapido accrescimento, produttrici di una neurotossina: l’acido domoico, solubile in acqua e capace di entrano nella catena alimentare di tutta la fauna marina. L’acido domoico si accumula in particolare nei molluschi, nei crostacei e soprattutto nei pesci (come il pesce azzurro) , ma anche degli uccelli marini. E le neurotossine, come l’acido domoico, sono veleni mortali per alcuni molluschi, e anche se non uccidono i pesci, sono fortemente tossici per gli altri animali marini superiori della catena alimentare che si nutrono di pesce come le foche ed i leoni marini. Alla fine della catena alimentare c’è l’uomo, che rischia di trovare le neurotossine nella sua alimentazione, qualora composta di pesce o di frutti di mare.

A parte il fatto che la fertilizzazione degli oceani mediante ferro provoca anche una acidificazione delle acque marine con tutti i problemi che ciò comporta per le barriere coralline e sugli equilibri ecosistemici, la domanda da porsi è qesta. Ma vale la pena correre rischi così seri e così elevati sia per l’ambiente marino, sia per la salute umana, per di sottrarre anidride carbonica all’atmosfera e rallentare i cambiamenti climatici? Non sarebbe molto meglio evitare di inquinare l’atmosfera del pianeta?