Clima, le pagelle del Wwf. Italia rimandata in edilizia, trasporti e efficienza energetica
L’Ufficio europeo del Wwf ha pubblicato oggi, in collaborazione con Ecofys – una società di consulenza in energie rinnovabili ed efficienza energetica con sede a Utrecht, in Olanda – il primo ‘Climate Policy Tracker’ per l’Ue, un voluminoso rapporto (158 pagine) che passa in rassegna le politiche contro il combiamento climatico adottate finora dagli Stati membri, e ne giudica l’efficacia e la coerenza rispetto all’obiettivo di lungo termine di abbattere dell’85-90 per cento le emissioni di gas serra entro il 2050 (‘Zero Carbon Economy’).
Il rapporto, che presenta una vera propria ‘pagella’ delle politiche climatiche nell’Ue, paese per paese e settore per settore, mette in evidenza che l’Italia ha un sistema efficace di incentivazione della produzione di elettricità da fonti rinnovabili (in particolare per il fotovoltaico, attraverso il ‘Conto energia’), simile ai sistemi esistenti in Germania e Spagna, e prevede un accesso prioritario dell’elettricità ‘verde’ alla rete di distribuzione, gestita dall’operatore Terna, di cui si sottolineano positivamente i piani ambiziosi di investimento per aumentare la capacità.
L’Italia è invece criticata la scelta governativa di tornare al nucleare, che “potrebbe distrarre importanti risorse dalle altre politiche ‘low carbon’ (ovvero dalle fonti rinnovabili, ndr)”. A parte gli altri aspetti ambientali, come il problema delle scorie, “ci si può aspettare – osserva il rapporto – una forte opposizione alla costruzione di centrali nucleari, che molto probabilmente ritarderà i risultati attesi in termini di tagli alle emissioni di gas serra e ne ridurrà la portata”. Fra le critiche del rapporto all’Italia ce ne sono tre più specificamente ‘politiche’, relative alla mancanza di una strategia complessiva nazionale sul clima con obiettivi precisi, al fatto che talvolta alle decisioni prese non seguono le misure concrete di attuazione (com’è stato per la ‘Carbon tax’), oppure l’attuazione è lacunosa perché mancano le sanzioni, e alla imprevedibilità delle modifiche ai sistemi di incentivi, che cambiano troppo facilmente e troppo frequentemente, legati come sono ogni anno ai negoziati sulla legge finanziaria.
Per quanto riguarda i diversi settori, il rapporto punta il dito innanzitutto sulle lacune nel campo dell’efficienza energetica nell’edilizia (e anche nell’industria), notando che non sono mai stati varati i decreti di attuazione di una misura decisa nel 2006, che prevedeva l’obbligo di installare pannelli fotovoltaici per gli edifici oltre i 1.000 m2, e pannelli solari termici per coprire almeno il 50% del fabbisogno, al momento del rinnovo degli impianti per l’acqua calda e il riscaldamento.
Altro settore in cui l’Italia ha fatto poco è quello dei trasporti. Manca, osserva il rapporto, una vera e ambiziosa politica nazionale per il trasporto sostenibile, basato sulle energie rinnovabili, e non c’è coordinamento fra gli organismi che dovrebbero promuoverla. Non c’è una tassa sulle emissioni di CO2 da parte dei veicoli, né un obiettivo riguarante l’uso delle fonti rinnovabili in questo comparto. L’uso del treno non è sufficientemente promosso, e la manutenzione delle infrastrutture ferroviarie è insufficiente. Quanto alla rottamazione, in Italia gli incentivi sono andati indistintamente a tutte le auto nuove, senza una modulazione che premiasse le vetture meno inquinanti, penalizzando i veicoli che emettono più CO2 (come invece ha fatto la Francia con il suo sistema, definito ‘Bonus-malus’). Da notare, comunque, gli esempi di iniziative volontarie per la mobilità sostenibile che sono state prese a livello locale, in particolare a favore dell’auto elettrica.
Alcune note positive riguardano gli incentivi decisi nel 2007 per la cogenerazione (produzione combinata di calore ed energia elettrica dalla stessa fonte), che però sono giudicati insufficienti, e il sostegno (con tariffe differenziate) alle biomasse, se prodotte localmente. In Agricoltura, infine, non c’è una strategia ecosostenibile per il Paese, ma esistono diverse iniziative volontarie e, dal marzo scorso, anche una legge nazionale, per promuovere i mercati e i prodotti locali (il cosiddetto ‘chilometro zero’) e quelli a denominazione d’origine.
Un’ultima critica, infine, riguarda il fatto che, secondo il rapporto Wwf-Ecofys, non ci sarebbe abbastanza sostegno per l’assistenza alle imprese, affinché capiscano che l’uso della ‘borsa’ delle quote di emissione (il sistema europeo Ets) può essere per loro un’opportunità e non solo un costo. Secondo il rapporto, gli Stati membri con i risultati migliori finora sono la Germania, la Danimarca, l’Irlanda e la Svezia, mentre la maggior parte dei paesi Ue è ‘fuori strada’ rispetto all’obiettivo del 2050, avendo messo in atto solo 1/3 delle misure che sarebbero necessarie già oggi. E gli stessi quattro Stati membri migliori sono arrivati solo a 2/3 dello sforzo richiesto.