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Cancun, ore decisive per un’intesa. E serpeggia la paura fallimento

9 dicembre 2010 0 commenti

CLIMATE/Ore decisive per l’intesa di Cancun. Nessuno intende rischiare un fallimento. La parola d’ordine e’ ‘’impegni equilibrati’’. Si cerca di mettere in piedi un impianto che regga per la Conferenza di Durban, nel 2011, in Sudafrica. Pochi numeri e cifre, ma che sia intesa, con alcuni capitoli all’attivo come foreste, trasferimento di tecnologie, finanze, e know how.

La 16/a Conferenza Onu per la lotta ai cambiamenti climatici (Cop16), a Cancun, in Messico, con 194 Paesi, cominciata il 29 novembre scorso, sta agli sgoccioli. Il termine previsto e’ per domani. I gruppi di lavoro stanno limando i testi. Spettera’ alla presidente della Conferenza, la messicana Patricia Espinosa, che ha dettato una tabella di marcia innovativa pur di non bissare il duro colpo di Copenaghen, preparare il documento finale che dovra’ essere approvato per acclamazione. Basta un solo no per mandare a monte tutto.

Resta il nodo Kyoto e la sua proroga. Giappone, Russia e Canada invocano la solita strada o tutti o si esce, anche perche’ come ribadito piu’ volte in conferenza stampa, in questi giorni, anche dagli Usa, alla fine, l’accordo di Copenaghen, copre gli impegni. A correre seri rischi anche il pilastro dei meccanismi per la lotta alla deforestazione. Un tema che sembrava quasi chiuso e che, ieri, invece, e’ ricaduto nell’incertezza: al centro dell’accesa discussione i diritti dei popoli indigeni che nell’impianto non hanno riconoscimento vincolante.

Per le foreste si prevede un fondo da 5-6 miliardi di dollari dal 2010 al 2012 e l’intervento di impedire la deforestazione e di garantire una gestione dei polmoni del Pianeta andrebbe a coprire un terzo dell’obiettivo del 40-50 per cento di riduzione di CO2 al 2050. La paura e’ che in nome della riduzione delle emissioni i Governi possano prendere possesso delle terre.
Due i testi usciti dai due gruppi di lavoro della Cop16.

Quello sugli obiettivi a lungo termine con al centro della discussione il limite di 1,5 gradi di riscaldamento della temperatura con la stabilizzazione delle concentrazioni di CO2 a 350 parti per milione (ora siamo gia’ a 390 ppm) e un nuovo fondo per gli aiuti ai paesi poveri in materia di mitigazione e adattamento finanziato, da un certo anno con l’1,5% del Pil dei paesi industrializzati. Per Kyoto i nodi sono la sua estensione, caldeggiata dai Paesi in via di sviluppo, le verifiche delle emissioni e degli interventi di riduzione per i paesi in via di sviluppo e nuovi obiettivi nazionali.