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Nel porto di Genova container pieno di cobalto radioattivo: intrigo internazionale?

5 gennaio 2011 0 commenti

nuclearC’è un container pieno di cobalto 60 in un porto italiano e nessuno sa spiegare chi davvero l’abbia spedito e perchè.Un caso di “normale” contaminazione di rottami metallici con una sorgente radioattiva magari civile o c’è di più?

Assume i contorni di un intrigo internazionale la misteriosa vicenda del container radioattivo con all’interno cobalto 60, sotto sequestro dal luglio scorso nel sesto modulo del porto di Genova, spedito dalla Sv metal corporation di Mumbai (India) arrivato a bordo della Msc Malaga dall’Arabia Saudita, dopo aver fatto scalo a Gioia Tauro (Reggio Calabria), e destinato (formalmente) ad una ditta dell’alessandrino. A tracciare uno scenario di ampio respiro stamani e’ il quotidiano ”Il Secolo XIX”, che contestualizza la vicenda, ricordando che proprio nel periodo in cui il container col cobalto era in viaggio verso Genova, gli Stati Uniti mettevano in guardia: ”Al Qaeda sta organizzando attentati con bombe sporche contro l’Occidente”.

Il container era il cuore di una “bomba sporca”, un ordigno di cui il cobalto 60, puo’ essere, assieme ad esplosivo tradizionale, uno dei componenti? Stando a quanto scrive il quotidiano genovese, in quegli stessi giorni nel porto di Gioia Tauro, dove avrebbe fatto scalo la nave Malaga di Msc, era in corso una maxi operazione anti terrorismo, condotta dalla Direzione investigativa antimafia, alla ricerca di container carichi di esplosivo T4. Esplosivo che fu trovato il mese successivo, ad agosto, nella quantita’ di sette tonnellate, quando la Msc Finland partita dall’Iran aveva scaricato a Gioia Tauro un container da trasbordare sulla Msc Malaga di ritorno da Genova e diretta al Pireo. E un’inchiesta – spiega ancora ”Il Secolo XIX” – era stata aperta per accertare se a Gioia Tauro vi fosse solo un container che conteneva T4 o ce ne fossero altri. A far scattare un’attenzione particolare, anche la ricorrenza della Msc Malaga. Una serie di coincidenze, quelle emerse, che pongono numerosi interrogativi rispetto al container fermo in porto a Genova, ai quali si potra’ trovare una risposta solo quando sara’ aperto da un robot e analizzato il suo contenuto.

Immagine satellitare del Molo 6 del porto di Genova

Immagine satellitare del Molo 6 del porto di Genova

La tempistica dell’operazione, da conciliare con le esigenze di sicurezza, è uno dei problemi che i Vigili del Fuoco di Genova e gli altri organismi impegnati nella vicenda devono affrontare per la rimozione del container radioattivo di Voltri. Il container era sbarcato al terminal Vte da una nave di Msc il 14 luglio scorso, proveniente dal porto di Jeddah (arabia saudita), contiene (teoricamente) rame e lo aveva ordinato una ditta di Pozzolo Formigaro (Alessandria) specializzata nell’importazione di rottami metallici.

Il 20 luglio un consulente tecnico del Vte, nel corso di una verifica, aveva accertato nel container un alto livello di radioattività, dovuta alla presenza di cobalto 60. Erano scattate le procedure di emergenza, il container era stato isolato sulla punta del sesto modulo e circondato da una barriera protettiva di container pieni di cemento, in attesa di una soluzione. Ora è sempre sul sesto modulo/molo del porto e l’attività del terminal è bloccata da luglio, con gravi danni per il Vte. Probabilmente verrà ulteriormente isolato da una barriera di container pieni di acqua.

Sui documenti di accompagnamento del container radioattivo sotto sequestro al sesto modulo/molo del porto di Genova c’e’ scritto che all’interno si trova del rame. Ad attestarlo ci sono anche delle foto di accompagnamento, ma cosi’ come non era stata segnalata la presenza del Cobalto 60, all’interno dello scatolone di ferro ci potrebbe essere anche altro materiale.

Quello che appare certo e’ che il mistero non potra’ essere sciolto fino a quando un robot telecomandato a distanza non aprira’ il container, cioe’ a febbraio. Dalla Prefettura di Genova, che sta seguendo con attenzione le varie fasi della vicenda, spiegano che non si puo’ escludere alcuna ipotesi. Per questo motivo verranno eseguiti controlli cautelativi anche per stabilire se all’interno del container non vi possa essere dell’esplosivo, ”ma allo stato non c’e’ alcun elemento concreto che porti a ritenerlo”. Si sottolinea tra l’altro che per legge, tutto il materiale ferroso viene sottoposto ad esami radiometrici prima di essere sdoganato, ed e’ proprio in virtu’ di questi controlli che e’ stata rilevata la presenza del cobalto. Mentre ci sono altre tipologie di merce che passano la dogana senza dover essere per forza sottoposti ad accertamenti.

Secondo i documenti di carico, il container era destinato ad una ditta di Pozzolo Formigaro, nell’alessandrino, la Sofio, di Franco Sofio. Ma probabilmente il container orginario, non quello poi giunto in porto. E comunque le autorità sono preoccupate. La Prefettura evidenzia come “non ci sia alcun pericolo al di la’ della schermatura, per l’incolumita’ delle persone, ne’ per gli abitanti della zona, ne’ per chi lavora in porto”. Ma le misurazioni condotte dai tecnici di Arpal, Ispra, Vigili del fuoco del comando provinciale, dagli esperti del ministero dell’Interno e da alcune ditte private incaricate hanno però mostrato che  le radiazioni sono molto intense, soprattutto nel punto di contatto della sorgente col container, dove si raggiunge l’intensita’ di 600 millisiver.

E allora, quanto cobalto 60 contiene, chi l’ha spedito e perchè? Un mistero internazionale che potrebbe sconfinare nell’intrigo…