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Smog: per l’Eurispes servono politiche che incidano sull’intera Val Padana

29 gennaio 2011 0 commenti

SMOG_PM_Per lo smog della ”Val Padana solo politiche applicate all’intero bacino possono essere efficaci” mentre ”azioni, anche radicali, di riduzione delle emissioni limitate al territorio di una sola regione possono avere scarsa efficacia per la regione stessa”.

A dirlo è l’Eurispes nel rapporto ‘Italia 2011′, riportando uno studio modellistico dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale dell’Emilia-Romagna sulla riduzione dell’inquinamento atmosferico.  A proposito dei provvedimenti di riduzione delle emissioni (per Pm10, ozono e biossido di azoto) – secondo l’Eurispes – ”i provvedimenti locali hanno un’efficacia molto limitata”. Lo studio dell’Agenzia ambientale dell’Emilia-Romagna mostra che – osserva l’Eurispes – ”il contributo maggiore alle concentrazioni di Pm10 e ozono dell’Emilia Romagna proviene dalle aree esterne alla
regione”. Allo stesso modo, pero’, una simulazione sul territorio della capitale – basata su ”una misura drastica e impraticabile” come la limitazione totale del traffico privato entro il Gra di Roma – mostra che si otterrebbe ”un effetto migliorativo ma non ancora sufficiente a raggiungere il limite di legge per il biossido di azoto”.

“Nelle principali citta’ italiane _ spiega il rapporto 2011 _  il particolato sospeso Pm10, l’ozono, il biossido di azoto superano le soglie di concentrazione nell’aria ambiente indicate dalla normativa ma con differenze significative dovute alla diversa posizione geografica”.  In particolare, Eurispes spiega che “il PM10, l’ozono, il biossido di azoto si forma, interamente, in atmosfera o meglio nella bassa atmosfera a seguito di reazioni chimiche che avvengono tra gli ossidi di azoto (monossido e biossido), i composti organici volatili e l’ossigeno dell’aria alla presenza di luce solare”. La presenza in aria del Pm10 e’ dovuta a “una componente primaria, che deriva dal suo rilascio in atmosfera direttamente dalle fonti di emissione, piu’ una componente secondaria, che si forma in atmosfera a seguito di processi chimici e fisici”. Il Pm10 e’ “l’inquinante piu’ critico per gli alti livelli di concentrazione e per l’entita’ degli effetti negativi sulla salute”.  Eurispes rileva che “le concentrazioni in aria si sono ridotte tra la fine degli anni ottanta e gli inizi degli anni novanta grazie all’abbattimento delle emissioni di Pm10 primario”. Le concentrazioni attuali di Pm10 “devono alla componente secondaria un contributo maggioritario”.

Agli inizi degli anni novanta per le citta’ e’ iniziata l’esperienza “delle targhe alterne e dei blocchi della circolazione, a seguito delle ordinanze del 20 novembre 1991 per il contenimento dell’inquinamento atmosferico e acustico in 11 grandi citta’ italiane, e le misure di blocco temporaneo del traffico si rivelavano di una certa efficacia”.   Una caratteristica dell’inquinamento da ozono e da Pm10 e’ che “l’area interessata e’ molto piu’ estesa rispetto all’inquinamento da monossido di carbonio e provvedimenti a carattere locale, quali quelli che comunemente si prendono sul traffico o sugli impianti di riscaldamento nelle citta’, hanno un’efficacia limitata”, segnala l’Eurispes. Il processo per ridurne la concentrazione “non e’ lineare, in quanto la loro presenza in atmosfera dipende dai precursori (ossidi di azoto e composti organici volatili per l’ozono, ai quali si aggiungono gli ossidi di zolfo e l’ammoniaca per il Pm10sec)”.
Non e’ detto, infatti, che “una riduzione delle emissioni di qualche precursore comporti riduzioni delle concentrazioni di ozono e Pm10sec della stessa entita’“. Va individuato il cosiddetto ‘fattore limitante’, ovvero “individuare quali sono i precursori per i quali una riduzione delle emissioni si traduce efficacemente in una riduzione delle concentrazioni in aria di ozono e PM10sec”. E questo si puo’ fare solo con “una dettagliata analisi modellistica contestualizzata per macroarea, la quale dovra’ anche definire di quanto ridurre le emissioni inquinanti rispetto ai livelli attuali”. Una volta
individuati gli inquinanti sulle cui emissioni intervenire, “la riduzione va ripartita per ogni macroarea tra i diversi settori: trasporti, industria, usi civili, agricoltura, eccetera”.

Insomma serve molto lavoro e molto, molto coordinamento. E un approccio a livello di bacino. Che è mancato.