Fukushima, il sacrificio dei 500 uomini che devono spegnere la centrale: “Così combattiamo il mostro”
‘’Barrette energetiche e scatolame’’ come cibo, poca acqua a disposizione, per cui ‘’siamo costretti a lavarci le mani con l’alcol e nessuno di noi puo’ fare una doccia o cambiarsi gli abiti’’, ‘’stuoie di piombo’’ al posto dei materassi per dormire, in ‘’un edificio a due piani all’interno della centrale, costruito per resistere alle radiazioni’’ ma in cui ‘’misuriamo spesso livelli di radioattivita’ preoccupanti’’. Sono queste le condizioni di vita dei 500 uomini che lavorano per spegnere la centrale nucleare di Fukushima. A raccontarle uno di loro, Kazuma Yakota, in un’intervista a Repubblica.
Yakota spiega le difficolta’ che ostacolano la fornitura di cibo, acqua e vestiti. ‘’Gli elicotteri non possono sorvolare la centrale a causa della forte radioattivita’ che si sprigiona verso l’alto. Al momento la Tepco se l’e’ cavata con pochi, sporadici autobus che fa arrivare fin dentro l’impianto. Ma sono sicuro che sta cercando altri sistemi per approvvigionarci del necessario’’.
L’uomo parla del lavoro a Fukushima. ‘’Gli uomini devono anzitutto sbarazzare la centrale dai detriti provocati dalle esplosioni. Devono poi posare dei nuovi cavi elettrici per ripristinare l’energia necessaria al raffreddamento e, nel frattempo, irrorare d’acqua i reattori per evitare il surriscaldamento delle barre di combustibile nucleare. Ma si tratta di una corsa contro il tempo – sottolinea – ogni giorno emergono nuove difficolta’. E prima di risolvere i problemi nella centrale passeranno senz’altro altri mesi, se non altri anni’’. A lavorare, dice, ‘’sono per lo piu’ residenti, che sono stati anche vittime del terremoto. E’ gente che ha perso tutto: il lavoro, la famiglia, gli amici. Il ripristino della centrale, o quanto meno la sua messa in sicurezza, e’ diventata la loro nuova ragione di vita’’.