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Spiagge. Cambia in corsa il Dl sviluppo che introduce il ‘diritto di superficie’. Verdi, Legambiente, Fai e Wwf: bisogna restare al ‘diritto di concessione’

13 maggio 2011 0 commenti

 

216420-domenica1Alla vigilia della sfida elettorale, cambia in corsa il decreto sul diritto di superficie per le spiagge, che tanto aveva suscitato polemiche. Ora sarà di 20 anni: l’ultima versione del decreto, emanato dal presidente della Repubblica questa mattina, prevede un diritto non più di 90 anni, come previsto dal testo uscito dal Cdm, ma di 20 anni.

 

IL PRESIDENTE DEI VERDI: DANNOSA DEREGULATION – “Confermiamo che il prossimo 18 giugno saremo in piazza per dire un ‘No’ forte e deciso alla privatizzazione e alla cementificazione delle spiagge italiane”. Lo dichiara il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli. “Il diritto di superficie (che è regolato dagli articoli 952 e 954 del codice civile) è il vero mostro giuridico che il governo ha inserito nel Dl sviluppo” – denuncia in una nota – ”il diritto di superficie infatti si utilizza per l’edificazione in fondi altrui ovvero pubblici”.

I 90 anni “sono stati usati per nascondere il vero obiettivo che era e purtroppo rimane il diritto di superficie”, aggiunge. ”Quindi, nonostante la riduzione a 20 anni del diritto di superficie “il vero killer delle spiagge italiane sarà proprio il diritto all’edificazione che verrà garantita dal diritto di superficie” -spiega il leader ecologista. ”Proprio il diritto di superficie, insieme alla norma prevista dal Decreto sviluppo per i distretti turistici ‘a burocrazia zero’, consentirà di realizzare qualunque attività e intervento edilizio sulle spiagge cosi come, tra l’altro è scritto nel decreto: ‘il diritto di superficie si costituisce sulle aree inedificate formate da arenili… Sulle aree già occupate da edificazioni esistenti, aventi qualunque destinazione d’uso in atto alla data di entrata in vigore del presente articolo’ ”.

Oggi i Verdi hanno inviato “un esposto all’Unione europea sul rischio cementificazione spiagge italiane”, prosegue Bonelli. ”Negli Usa, patria del liberismo, le spiagge come ad esempio in California non si cementificano con tale disinvoltura. In Brasile le spiagge di Copacabana e Ipanema sono libere dal cemento. In Francia le strutture balneari si smontano durante l’inverno. In Italia, invece, si da il via ad una certificazione senza precedenti che, potenzialmente, potrà portare a 10 milioni di metri cubi di cemento tra alberghi, enti commerciali, impianti sportivi o beauty farm”.
Per combattere  questa nuova possibilità di cementificazione selvaggia, aperta dalla riforma al codice civile, ”il 18 giugno riempiremo Ostia, città dove è stato cementificato il 90% delle spiagge, per dire no a questo decreto vergogna”.

FAI E WWF: BISOGNA MANTENERE IL DIRITTO DI CONCESSIONE – ”Bene che si torni indietro riducendo a 20 anni il diritto di superficie per le concessioni delle spiagge italiane, ma temiamo non basti, occorre tornare al ‘diritto di concessione’ che è ora in vigore”, Fondo Ambiente Italiano e Wwf Italia ribadiscono in merito al provvedimento che sta per essere pubblicato in Gazzetta ufficiale.

Dello stesso avviso dei Verdi, il Wwf in una nota sostine: ”si vuole separare la proprietà del terreno da quello che viene edificato e questo significa garantire ai privati la proprietà degli immobili, già realizzati o futuri sul demanio marittimo”. Tutto questo “non era fino ad oggi possibile perche’ tramite la concessione gli immobili, anche se realizzati da privati, rimanevano in uso per il tempo della concessione ma erano del demanio”.

Se lo Stato vorrà le spiagge libere da infrastrutture una volta scaduto il termine dei vent’anni, “dovrà pagare ai privati il valore degli immobili realizzati perche questi saranno a tutti gli effetti di loro proprietà e quindi potranno essere venduti o ereditati”. Insomma, denunciano le due sigle ambientaliste, “si riduce il potere che lo Stato può esercitare sulle coste, perché con la concessione lo Stato aveva la possibilità di revoca in caso di violazione dei termini del contratto, visto che la concessione stabiliva anche le dimensioni delle strutture che potevano essere edificate”. Benché poco sfruttata, la possibilità d’amministrazione statale sul demanio pubblico ora vigente verrà annullata.

LEGAMBIENTE PROPONE RACCOLTA FIRME – “Le località costiere che hanno puntato sulla qualità respingono al mittente il decreto del Governo”, dice Sebastiano Venneri, vicepresidente di Legambiente; ”è la prova che quel provvedimento non fa bene al turismo e uccide il paesaggio”.

Per dire no alla svendita delle spiagge Legambiente invita gli amministratori costieri a divenire “obiettori di coscienza”, firmando l’appello sul proprio sito www.legambiente.it. I primi a risponder all’appello sono i sindaci di Capalbio, Maratea, Villasimius, Senigallia, Noto, Otranto, Ostuni, Pollica, Favignana, Isola Capo Rizzuto e Posada.

Questi ed altri firmatari ”rappresentano, peraltro, alcuni dei comprensori turistici più importanti del Paese, con numeri di arrivi e presenze significativi”, dice Venneri. ”Il turismo in Italia non ha bisogno di ulteriore cementificazione e deregulation, quanto piuttosto di qualità e tutela dell’ambiente”.