Acqua, intervengono i sindaci di Livorno e Reggio Emilia: servono nuove leggi. E il Pdl toscano chiede coerenza
“Serve una norma che recepisca lo spirito del referendum e che sia capace di mantenere sull’acqua un livello di attenzione che sviluppi una politica industriale, rimandendo legata a una valutazione sociale e ambientale”. Lo ha detto il sindaco di Livorno, Alessandro Cosimi, a margine su un convegno sulla ‘Carta delle Autonomie’, riferendosi all’esito del risultato del referendum per i comuni e privati coinvolti nella gestione dei servizi idrici. Secondo il sindaco ora si tratta di “chiarire il modello” in cui si rapportano pubblico e privato. “Secondo il sindaco pero’, rispetto al tema degli investimenti gia’ ora il “ricorso ai comuni e’ sistematico”. Infine per il sindaco di Livorno “il referendum ‘stoppa’ sopratutto le aziende spa quotate in Borsa”. “C’e’ sempre stata una discrasia tra le spa” per la gestone del servizio idrico “quotate in borsa e quelle invece che non lo sono: quelle quotate si distanziano dalle altre per capacita’ di movimento e di trovare risorse”.
Il governo, a fronte del risultato dei referendum sull’acqua, ”deve legiferare in tempi brevi per garantire gli investimenti necessari ai comuni per la realizzazione dei servizi
idrici e fognari”. E’ quanto sollecita il sindaco di Reggio Emilia e responsabile Anci per la finanza locale, Graziano Delrio. Il tema della remunerazione ”non si basa su un principio obbligatorio – ha spiegato a margine di un convengo sul codice delle autonomie – e per questa ragione vanno sostenuti gli investimenti su cui bisogna garantire un adeguato ritorno in termini economici. Personalmente sono favorevole al tema della proprieta’ pubblica delle reti ed anche alla decisione dei municipi di essere dirimenti in tema di tariffe e di gestione. In ogni caso – ha concluso Delrio – il governo deve varare in tempi rapidi provvedimenti di legge per garantire la possibilita’ da parte dei comuni di ammodernare la rete idrica e di implementare la rete fognaria”.
Ma il Pdl non ci sta. ”Dopo il referendum sull’acqua adesso il centrosinistra fiorentino e toscano dovra’ dimostrare di fare quello che ha detto. Dovra’ quindi chiudere Publiacqua SpA e le altre aziende di gestione del servizio idrico, assumere tutti i dipendenti da parte dei comuni, liquidare i privati, tirare fuori un sacco di soldi e gestire tutto con l’azionariato popolare o attraverso cooperative” afferma il coordinatore cittadino del Pdl di Firenze, Gabriele Toccafondi. ”Ci aspettiamo presto lo scioglimento dell’azienda. I 700 dipendenti diretti della SpA dovranno essere assunti da comune e provincia, le societa’ compartecipate dovranno chiudere, gli investimenti realizzati dovranno essere pagati e visto che solo per l’area fiorentina ammontano a 500 milioni di euro il comune di Firenze dovra’ farsi carico di ingenti spese per investimenti che forse saranno irrealizzabili causa il mantenimento dei vincoli europei di bilancio”, dichiara sempre Toccafondi. ”La cosa forse piu’ difficile – aggiunge Toccafondi – sara’ poi liquidare i privati che per entrare in societa’ hanno versato milioni e milioni di euro. Circa 200 milioni di euro. Il Comune di Firenze avendo il 21,67% della societa’ dovrebbe trovare circa 42 milioni di euro come quota parte per rendere al privato quanto gli spetta. Ma la cosa veramente piu’ interessante e’ capire dal centrosinistra come gestira’ il futuro servizio idrico. La soluzione ce l’ha indicata il presidente della regione Toscana Enrico Rossi, che ha proposto l’azionariato popolare o in alternativa la creazione di cooperative. Una collettivizzazione popolare molto in voga nella Cambogia di qualche anno fa o anche attualmente in qualche strano paese”. ”Intendiamoci – continua ancora il parlamentare del Pdl – che la societa’ che distribuisce l’acqua, con il 40% di capitale privato e con un patrimonio da sempre pubblico dei comuni, realizzasse 14.705.080 milioni di euro di utile nel 2010, 12.372.921 milioni di utile nel 2009, era un assurdo. Tanti milioni di euro di utile dopo che erano stati spesi decine e decine di milioni di euro di investimento, vuol dire che la tariffa era alta, che era possibile abbassare la tariffa. Ma la colpa e’ di chi quella tariffa la decide cioe’ di chi controlla ovvero dei comuni. E’ la dimostrazione che il pubblico, i comuni, non sanno gestire neppure la decisione sul costo della tariffa figuriamoci se sono capaci di la gestione del servizio. Se la soluzione poi e’ quella della collettivizzazione facciamo un salto indietro di 50 anni”.