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Durban, primi spiragli per una intesa

8 dicembre 2011 0 commenti

Il presidente sudafricano e la segretaria della convenzione sui cambiamenti climatici

Il presidente sudafricano e la segretaria della convenzione sui cambiamenti climatici

Sarà una lunga notte quella che porterà all’ultimo giorno della conferenza di Durban. Ma potrebbe essere una notte fruttuosa, una notte che potrebbe aprire ad un accordo globale.

Dopo una giornata convulsa e contradditoria, alcuni tasselli del puzzle stanno andando a posto, e nulla puo dire se si troverà la quadra sulle molte questioni ancora aperte. Ma certo è che il pressing dell’Ue sta portando consiglio e sebbene non ci si debbano attendere passi in avanti sostanziali sul Kyoto 2 dato che Russia, Giappone e Canada non intendono prendere impegni per il secondo periodo di impegno, potrebbero aprire scenari interessanti per una intesa sulla road map verso un accordo globale. Cioè proprio sul punto essenziale per un accordo che sia davvero efficace perche include tutti gli emettitori, compresi i grandi paesi in via di sviluppo.

In questo senso hanno fatto interessanti aperture sia il Canada (che si è detto pronto a un accordo globale per il 2015) e persino gli Stati Uniti che con il capodelegazione Todd Stern hanno detto di “appoggiare la road map europea” anche se per loro la data di un accordo globale slitta al 2020.

“Non ci sono scuse per non approvare qui a Durban una tabella di marcia chiara, solida e con una data” ha etto ieri in plenaria il ministro dell’Ambiente Corrado Clini” “Siamo pronti a fare la nostra parte_ ha aggiunto Clini _ ma da solo un Kyoto 2 non basta: deve servire a garantirci una transizione verso una cooperazione rafforzata”. Una cooperazione con i grandi paesi in via di sviluppo.

E gli ambientalisti sono ovviamente d’accordo: “E’ indispesabile varare un Kyoto2, ma questa da sola non basta: occorre un mandato per un trattato globale, con una timeline precisa e indilazionabile” dice Mariagrazia Midulla, responsabile Clima del Wwf Italia. “Un accordo deve essere ambientalmente sodido ed efficace e la trattiva per raggiungerlo inzia ora: non c’è spazio per l’inazione o per accordi di facciata. Servono fatti” ricara la dose Martin Kaiser di Greenpeace international.

Le chiavi del successo sono quidni nelle mani della Cina, che assieme a Brasile e India ha però posto una condizione che rischia di non essere soddisfatta: per aderire ad un accordo globale legalmente vincolante che entri in vigore nel 2020 questi tre paesi pretendono che le nazioni sviluppate che hanno ratificato Kyoto si impegnino anche in Kyoto 2. Il che non è chiaramente possibile visto che Canada, Russia e Giappone hanno detto che non parteciperanno a una Kyoto 2. E quindi alla Cina tocca scegliere: se fare un responsabile mezzo passo indietro o far saltare tutto.

E adesso la palla è anche all’Europa che dovrà accettare di entrare in Kyoto 2 anche senza la partecipazione di Canada, Russia e Giappone (e quindi quasi sola, visto che gli Usa sono e resteranno fuori). Tutto lascia redere che l’Europa sia disponibile a farlo.

Nessuno sa se i tasselli andranno al loro posto, ma certo la notte di Durban è oggi un pò meno nera.

Alessndro Farruggia