A Durban accordo ancora in bilico: probabile slittamento della chiusura
Ieri a Durban le cose sembravano mettersi bene. Si erano aperti spiragli, create aspettative. Ma la notte non ha portato passi in avanti. L’Europa resta divisa _ Uk, Germania, Italia, Spagna, Austria e Danimarca tra i volenterosi e Polonia, Svezia, Ungheria, Belgio e Romania tra i cauti _ e fino a che non sceglierà un linea chiara, coraggiosa e flessibile accettando di entrare in Kyoto 2 quasi da sola, rinunciando quindi alla posizione presa durante il Consiglio Europeo di ottobre, non si aprirà la strada che porterà alla road map per un accordo globale.
Per allontanare da se il sospetto di una Europa paralizzata dalle sue contraddizioni, Connie Hedegaard, il commissario dell’Unione europea al clima, ha tentato stamani di scaricare la copa dei macati passi in avanti sugli altri e ha avvertito “del serio rischio di fallimento che stanno correndo i colloqui di Durban della 17esima Conferenza sul clima (Cop17)”. “Se non c’e’ niente di piu’ di quello che ho visto questa mattina alle 4, ha detto il Commissario, devo dire che qui a Durban non ci sara’ nessun accordo”. Il problema pincipale e’ quello dell’impostazione da dare al documento destinato a succedere al protocolllo di Kioto sulla limitazione del gas serra. La UE, che si fa forza del sostegno ricevuto da altri 100 Paesi, insiste su un accordo di portata piu’ ampia che copra la maggior parte delle emissioni mondiali e che abbia una portata giuridica vincolante. Ma i due piu’ grandi “produttori” di anidride carbonia al mondo, Cina e Stati Uniti non sono d’accordo. I due Paesi infatti sopstengono che i colloqui sono necessari solo dopo che venga preso atto degli attuali impegni volontari di riduzione delle emissioni, istituzionalizzati nell’ambito della Convenzione quadro dell’ONU sui cambiamenti climatici in scadenza nel 2020. Hedegaard ha detto che il Sud Africa e Brasile si erano allineati sulle posizioni europee ma l’India e la Cina non erano d’accordo. L’UE e’ disposta ad estendere il Protocollo di Kyoto oltre il 2012 ma solo se tutti gli altri paesi decidono di avviare colloqui che porteranno a un accordo giuridicamente vincolante entro il 2015. Hedegaard ha ripetutamente avvertito che il tempo stringe per evitare che “le temperature di salgano piu’ di 2 gradi celsius”.
Sulle posizioni europee ci sono i 39 stati-isola dell’Aosis e i 48 stati meno sviluppati dell’Ldc. Disponibili anche Brasile e Sudafrica, mentre la Cina, che pure ha aperto ad un trattato vincolante vuole più concessioni e resta alla finestra.
Sulle posizioni europee ci sono i paesi che rischiano di pagare il prezzo più alto per il cambiamento climatico: i 39 stati-isola dell’Aosis e i 48 stati meno sviluppati (LDC), 33 dei quali africani. Disponibili anche Sudafrica e Brasile e con loro il Messico, mentre la Cina, che pure ha aperto, resta in attesa e ancor più l’India.
A questo punto è quasi certo che le trattative proseguiranno ben oltre la mezzanotte e si concluderanno, in un senso o nell’altro, nella mattinata di sabato.
Il documento per un accordo di lungo periodo sottoposto ai delegati dalla presidenza sudafricana della Cop17 e del segretario della Convenzione per i cambiamenti climatici (Unfccc) e’ la sintesi delle posizioni degli Stati. Ora si tratta di verificarne il consenso. L’opzione 1, la più stringente, prevede che il trattato di lungo periodo diventi un protocollo di attuazione legalmente vincolante, con decisione da adottare il prossimo anno o al massimo al 2015. In questo caso un nuovo working group affiancherebbe il gruppo che si occupa del lungo periodo per gli aspetti relativi al prolungamento del protocollo di Kyoto fino all’entrata in vigore del nuovo protocollo (trattato globale legalmente vincolante). L’opzione 3 e’ invece quella più blanda. L’attuale gruppo di lavoro sul trattato di lungo periodo completa il processo della road map di Bali e un nuovo gruppo di lavoro comincerebbe a lavorare sul trattato globale legalmente vincolante da fare entrare in vigore dopo il 2020. Nel frattempo si andrebbe avanti con decisioni, volta per volta, della Conferenze delle Parti. Le opzioni intermedie sono 2a, 2b e 2c e si va dall’adozione di un protocollo che segue quello di Kyoto (il trattato globale) per farlo diventare legalmente vincolante nel giro dei prossimi 2 anni, o nel giro dei prossimi 5-7 anni, o dopo il 2020.
Alessandro Farruggia