Ambiente Italia 2009. Un Paese che cade a pezzi
Si è tenuta ieri mattina a Roma la conferenza stampa di presentazione di Ambiente Italia 2009, il rapporto annuale di Legambiente sullo stato di salute dell’ambiente nel nostro Paese, pubblicato da Edizioni Ambiente.
Quest’anno al testo è stato aggiunto un sottotitolo: Rifiuti made in Italy. Tanto perché sia chiaro che in Italia è impossibile parlare di tutela dell’ambiente senza toccare il tasto più dolente: la monnezza.
Sono stato alla presentazione e se avete voglia di seguirmi vi voglio raccontare un paio di cose che sono emerse nel corso della mattinata.
Non intendo annoiarvi con una lunga serie di dati (tra l’altro non proprio aggiornatissimi, siamo arrivati al massimo al 2007), che sono poi quelli che sono stati presentati ieri, per quello basta e avanza il comunicato di Legambiente.
Il tutto è facilmente riassumibile in poche parole, nel nostro paese la tutela dell’ambiente va male più o meno su tutti i fronti (rifiuti, mobilità, inquinamento e fiscalità), tranne poche voci: l’agricoltura biologica, il turismo sostenibile e i marchi Ecolabel.
Quello che vi voglio raccontare è invece ciò che non compare nei comunicati stampa e che rientra più o meno nel breve discorso di Duccio Bianchi, dell’Istituto Ricerche Ambiente Italia, che insieme a Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente, ha curato l’edizione del testo.
Bianchi ha detto che la recessione economica dovrebbe diventare uno spunto per mettere in atto serie politiche ambientali. Cosa che molti paesi nel mondo hanno già fatto. E l’Italia? No, il nostro Paese non ci pensa proprio. La direzione imboccata dalle italiche genti (sotto la guida degli italici politi) è di tutt’altra risma.
Alcuni dati. Quasi fosse una consolazione si ripete ormai da anni che la quota di rinnovabili cresce in maniera costante, ma la crescita in sé non è un dato necessariamente positivo. O almeno non completamente.
Infatti tra il 2000 e il 2007, dice Bianchi, la produzione di energia da fonti rinnovabili è cresciuta di 9000 gigawattora, ben poca cosa se la si raffronta con la crescita del carbone nello stesso periodo: 18 mila gigawattora, ovvero circa il doppio.
Un fatto che ha sancito l’allontanamento dell’Italia dai paesi più virtuosi dell’Unione Europea, come ad esempio la Germania.
Altro dato importante: quello relativo ai consumi energetici per abitazione. Quelli italiani risultano essere molto più alti rispetto alla media europea. Più alti addirittura anche di quelli dei paesi più ricchi, dove la dimensione media delle case è presumibilmente più elevata.
Per concludere, un dato estrapolato sempre da Bianchi relativo ai redditi. Definito uguale a 100 il reddito medio europeo nel 1997, quello dell’Italia era 119, più alto anche di quello della Gran Bretagna e della Francia. Aggiornamenti al 2007? Stabilito sempre 100 come punto di riferimento, l’Italia è sfrofondata fino a 98, scavalcata non solo dai paesi più ricchi, ma anche da altri che in precedenza erano considerati più poveri.
Il nostro è un Paese che si sta impoverendo e che non fa nulla per opporsi a questa tendenza. Tutti, Obama in testa, hanno capito che un nuovo corso ecologico è possibile e necessario, ma sembra che l’Italia in questo faccia orecchie da mercante. Come se fare i furbi, in una situazione del genere, possa giovare a qualcuno…
Ma andiamo oltre. Non finisce qui. Dicevamo che degli aspetti positivi si possono rintracciare: agricoltura biologica, turismo sostenibile e il primato europeo per i marchi Ecolabel. Secondo Bianchi, anche questi non sono poi segnali così positivi.
Innanzitutto perché non dipendono da una precisa volontà politica, ma dalla scelta dei consumatori e di aziende private. Inoltre, aggiunge Bianchi, nel caso dell’agricoltura biologica la crescita è guidata da una domanda crescente proveniente dall’Estero.
Invece per quello che riguarda il primato dei marchi Ecolabel, l’inghippo sta nel fatto che un Paese come il nostro ha bisogno più di altri di garantire i propri acquirenti - soprattutto se esteri - circa l’affidabilità dei propri prodotti. In questo modo si può spiegare, in molti casi, la scelta della certificazione, con una media più elevata rispetto al contesto europeo. Stesso discorso può essere fatto per il turismo.
Mi rendo conto che il quadro non è incoraggiante, ma d’altronde stiamo parlando di un Governo che ha rimesso in piedi i Cip6, che ha tentato di togliere gli sgravi fiscali sull’efficienza energetica, che ha penalizzato il Conto Energia e che ha rimandato l’obbligo delle rinnovabili sugli edifici. Insomma, se finora era stato fatto poco, ora quel poco stanno cercando di renderlo niente. Anzi, sotto un certo punto di vista, anche meno di niente.
Leggi il comunicato stampa di Legambiente
Ambiente Italia 2009