Campania, dall’emergenza rifiuti a quella dei depuratori
Non bastava l’emergenza rifiuti, ora a martoriare la Campania se ne profila un’altra all’orizzonte: quella dei depuratori delle acque.
Grazie a una serie di articoli interessanti pubblicati dal Corriere del Mezzogiorno nei giorni scorsi è emerso che quasi tutti gli impianti di depurazione delle acque della Regione non ricevono adeguata manutenzione. Ma non solo, anche se questa fosse effettuata a dovere, non sarebbero comunque in grado di rispettare le norme in vigore. Il motivo è che si tratta di impianti per la maggior parte obsoleti.
In definitiva: se i Cdr scoppiavano (scoppiano?) di ecoballe, ora i depuratori affogano nei fanghi.
Il Corriere del Mezzogiorno riporta soprattutto i fatti riferiti a cinque impianti (Acerra, Cuma, Napoli Nord, Villa Literno e Marcianise) gestiti dalla società Hydrogest (90% Termomeccanica, a sua volta partecipata al 40% da Banca Intesa, e 10% Giustino Costruzioni).
Qui, in sostanza, gli impianti dovrebbe trattare migliaia di metri cubi di acqua all’ora, per restituirla, ripulita di fanghi e liquami, al mare.
Ma cerchiamo di capirci qualcosa. Perché Hydrogest non effettua la manutenzione dei depuratori come stabilito dalla gara di appalto che la società stessa ha vinto nel 2003 per la gestione e la rifunzionalizzazione degli impianti?
Perché “l’impresa vanta un credito consistente nei confronti dell’ex commissariato alle acque — 70 milioni di euro le stime al rialzo, 35 quelle al ribasso — e perché quest’ultimo non ha mai trasferito loro, come prevedeva l’accordo del 2003, i proventi della quota per la depurazione che i cittadini pagano ai Comuni”.
Risultato: di 150 milioni di euro di spesa prevista (20 dello Stato, 130 dei privati) oggigiorno nemmeno un lavoro è stato eseguito dalla società. Hydrogest, infatti, non può onorare l’impegno a potenziare gli impianti e paga in ritardo i lavoratori.
Nei depuratori gestiti dalla società si lavora con pezzi vecchi di vent’anni, nastropresse fuori uso, centrifughe e desabbiatori usurati, e sono stati addirittura denunciati dai lavoratori sversamenti abusivi - naturalmente smentiti dalla società.
Ma questa situazione sconvolgente non riguarda solo i cinque impianti della Hydrogest, ma tutti gli impianti campani, come dichiara l’Arpac (Agenzia Regionale Protezione Ambientale Campania). Una situazione di degrado, dice il presidente Luciano Capobianco, che va avanti ormai da quasi trent’anni.
E mentre Regione, Commissariato e imprese cercano di trovare una soluzione al problema a farne le spese sono naturalmente l’ambiente e i cittadini che, tra l’altro, con le tasse finanziano il funzionamento dei depuratori.
Pensate, secondo i prelievi effettuati dall’Arpac la prossima estate saranno inagibili 30 chilometri su 41 di litorale casertano, 82 su 436 in tutta la Campania.
Quindi dopo le mozzarelle di bufala, un altro prodotto Doc della Campania, ovvero il turismo, rischia di trovarsi in grave pericolo.
Depuratori, gli impianti cadono a pezzi
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