Stakeholder Terra
Da diverso tempo in Italia c’è l’abitudine (assai provinciale, a mio modesto parere) di usare termini inglesi a ogni piè sospinto invece di provare a chiarire quel che si dice usando un buon italiano. Un esempio? Eccolo (tratto da una recente intervista ad un uomo politico emiliano): “Non dobbiamo affrontare i problemi ambientali come problemi di nicchia, dobbiamo stare all´interno di un ragionamento sullo sviluppo sostenibile rispettando le esigenze di tutti gli stakeholder“. Cos’avete capito? Proviamo a tradurre? Occupiamoci pure di ambiente, ma tenendo in conto non solo, o non tanto, le associazioni ambientaliste ma anche, o soprattutto, industria, sindacato, la società nel suo complesso. Verrebbe da dire bene, bravo, ottima cosa. Ma c’è un problema… L’ambiente non è trattabile sul serio se non teniamo conto delle esigenze di uno “stakeholder” molto ingombrante, la Terra. Sediamoci pure intorno al tavolo con industriali, construttori, venditori di gas e petrolio, commercianti, sindacalisti, preti e suore, ma non dimentichiamo mai che siamo ospiti di un pianeta che ha dei limiti molto precisi, superati i quali si rischia grosso. Un esempio: negli ultimi 800mila anni la CO2 non è mai stata tanto alta quanto ora, oscillando tra 180 e 280 ppm con cicli di circa centomila anni. Oggi invece siamo di fronte a un livello di 385 ppm, che continua a crescere e che, se nessuno fa niente, potrebbe anche raddoppiare di qui a fine secolo. Con la banale conseguenza che la temperatura della Terra potrebbe salire anche di 6 gradi ripetto a quella cui siamo abituati. Nessuno riesce compiutamente a immaginare le catastrofi che ci attendono se una cosa del genere si verificasse. Già ora, con un “modesto” aumento di 0,7 gradi, molte specie animali e vegetali sono sul punto di estinguersi, molti staterelli insulari e abitanti di aree costiere sono soggetti ad alluvioni gravissime, altri sono invece colpiti da eccezionali siccità. E’ quindi ora di piantarla di giocare col fuoco e di dar retta ai dati scientifici, se non si cambia rotta in fretta sono guai grossi. Qualcuno al di là dell’oceano Atlantico comincia a mostrare segni di averlo capito, sarebbe il caso di capirlo anche sulle coste dell’Adriatico.
PS Nel caso vi interessi, il termine stakeholder ha origini… ippiche! Gli stakeholders tenevano (hold) le poste (stakes) degli scommettitori, che guardavano correre i cavalli sperando vincesse quello su cui avevano puntato. In termini legali anglosassoni invece la parola indica chi detiene una somma o un bene in attesa di determinare a chi essa effettivamente appartenga. L’uso corrente (l’abuso?) deriva invece da un libro famoso in campo gestionale.