Un fisico russo: “Prevedere le scosse è possibile. Ma i sismologi non collaborano”
dall’inviato ALESSANDRO FARRUGGIA
Mosca, 11 aprile 2009 – “I SISMOLOGI hanno torto a dire che la previsione dei terremoti è impossibile. Praticamente il problema è risolto ed è solo a causa della loro opposizione che la nostra tecnica non può essere implementata con la velocità che dovrebbe”.
Va dritto al punto il professor Sergey Pulinets. Fisico, 58 anni, oggi vicedirettore del Centro di monitoraggio aerospaziale di Mosca dopo essere stato all’istituto di geofisica dell’università di Città del Messico e prima ancora all’Istituto per il magnetismo terrestre e la ionosfera (Izmiran) di Mosca, è forse il massimo studioso di previsione di terremoti. Ha pubblicato nel 1994 i primi lavori, i primi modelli nel 1998-2000 e li ha via via raffinati valorando con il fisico russo Dimitar Ouzounov (già Nasa/Giss, oggi alla Chapman university) fino a lavori sempre più dettagliati che, nel febbraio 2007 sono ad esempio stati pubblicati su Annals of Geophisics (“http://hdl.handle.net/2122/3512″), nel maggio 2007 su Eos, la rivista dell’American Geophisical Union (volume 88, numero 20) e nel dicembre 2008 sono stati presentati come studio di Pulinets, Ouzonov e altri alla conferenza della American Geophisical Union (“http://adsabs.harvard.edu/abs/2008AGUFM.S52A..06O”).
Professor Pulinets, che ne pensa della teoria di Giampaolo Giuliani sul radon?
“Giuliani ha ragione a dire che il radon è un precursore sismico. Ma hanno ragione anche i sismologi a dire che non è un parametro affidabile. Ci sono molti casi di terremoti nei quali l’emissione non è registrata. E noi abbiamo trovato il perché. Il radon è effettivamente rilasciato prima di ogni grande terremoto, ma la sua distribuzione spaziale è molto sparsa. Dato che non puoi coprire il mondo di sensori, è una questione di fortuna trovarlo. Ma per fortuna il radon può essere visto dai satelliti…”.
In che modo?
“Le emissioni di radon innescano una catena di reazioni nell’aria che causano un’anomalia termica. Dal satellite la possiamo registrare e mettere in correlazione con altri parametri come le emissioni infrarosse terrestri, i parametri elettrici della ionosfera e del radon da stazioni a terra. Questa è la chiave giusta: quando registri una variazione simultanea di molti parametri l’indicazione è chiara”.
Quanto prima riuscite a prevederlo e su che scala?
“Per un forte terremoto le anomalie compaiono da 1 a 5 giorni prima della scossa. Mediamente siamo in grado di identificarle 2 giorni e mezzo prima in un’area di 2-300 chilometri, che è possibile ridurre a 100 chilometri”.
I vostri sono solo studi su terremoti già successi o anche su terremoti attesi?
“Abbiamo iniziato a studiare terremoti già verificatisi. uno dei nostri studi ha riguardato il terremoto in Irpinia nel 1980. E i recursori eno chiari. Ora lavoriamo anche sui terremoti attesi. Ma siamo scienziati e noi non vogliamo lanciare allarmi alla popolazione fino a che il modello non sarà raffinato. Abbiamo così una rete che copre alcune zone ad altissima sismicità come Taiwan, la Turchia e il Giappone e inviamo le previsioni solo a colleghi che lavorano nello stesso campo. I risultat sono estremamente incoraggianti. Quando abbiamo iniziato, periodo marzo-giugno 2007, su 25 alert, 21 alert erano esatti e 4 falsi allarmi. E il trend è quello”.
Sareste disponibili a coprire anche l’area degli Appennini?
“Siamo aperti alla cooperazione. Il sistema può essere implementato per l’Italia a basso costo: un laboratorio con non più di 5 persone con calcolatori e linee dati ad alta velocità e dei team sul terreno per validare i dati. Noi siamodisponibili. Mi auguro che i sismologi, da sempre prevenuti verso questo approccio, vi consentano di farlo…”.