Terremoto in Abruzzo: fisici russi rivelano, cinque giorni prima un satellite rilevò segnali precursori
di ALESSANDRO FARRUGGIA
Il campanello d’allarme era suonato eccome. E se fosse stata creata una rete di osservazione dei precursori sismici basata sulle tecniche di rilevazione satellitare sarebbe stato possibile “leggere” anche in occasione del terremoto d’Abruzzo dei chiari segnali precursori su scala regionale. Segnali ben più affidabili del semplice radon rilevato da Giuliani e che avrebbero potuto utilmente allertare la Protezione Civile. Ma la rete non c’era e il segnale è andato tragicamente perso. A rivelarlo, dati alla mano, è il gruppo di fisici russi che ruota attorno a Sergey Pulinets (vicedirettore del centro di monitoraggio spaziale di Mosca, dopo essere stato all’istituto di geofisica dell’università di Città del Messico e prima ancora all’Istituto per il magnetismo terrestre e la ionosfera Izmiran di Mosca) e a Dimitar Ouzounov (Nasa/Gsfc e Chapman university) e che ieri ha presentato i dati in una comunicazione scientifica al congresso annuale della European Geosciences Union, in corso a Vienna.
“Da anni — sottolinea Dimitar Ouzounov — osserviamo preventivamente alcune zone ad altissima sismicità come il Messico, la California, Taiwan, il Giappone e la penisola della Kamchatka (Siberia) per raffinare la nostra teoria sui precursori dei terremoti e inviamo molto riservatamente ad una rete di colleghi scienziati degli “alert” preventivi. Tra queste zone sotto osservazione non c’è l’Italia, ma dopo il terremoto in Abruzzo del 6 aprile, anche alla luce dell’allarme lanciato da Giuliani, abbiamo però voluto analizzare in retrospettiva i dati del sensore del satellite americano Noaa-Avrr che misura la radiazione infrarossa”. “Abbiamo studiato i dati dal primo marzo al 15 aprile — prosegue Ouzounov — e abbiamo effettivamente riscontrato l’avvio un picco di radiazione infrarossa nella notte tra il 31 marzo e il primo aprile, che poi è crollato a partire dal 3 aprile. E’ un picco coerente con gli altri previsti dalla nostra teoria che abbiamo storicamente riscontrato da cinque ad un giorno prima di altri forti terremoti e che interessa un’area di circa 300 chilometri di diametro tra Abruzzo e Lazio. E l’area nella quale si è poi verificato il terremoto è proprio al suo interno”. Il grafico, che pubblichiamo, parla quasi da solo.
“La radiazione termica (calore, ndr) — spiega il professor Sergey Pulinets — è causata durante la condensazione del vapore acqueo sugli ioni prodotti dalle emissioni di gas radon emesso dal sottosuolo in condizioni di stress sismico. Il riscaldamento raggiunge di media i 5 gradi Celsius ed è chiaramente osservabile dal satellite. Per evitare falsi allarmi, ad esempio a causa di condizioni metereo particolari, noi integriamo i dati sul riscaldamento con tutta una serie di altri parametri, ad esempio il contenuto di elettroni nella ionosfera e la concentrazione di radon a terra. E i risultati sono molto buoni. Ad esempio nel periodo marzo-giugno 2007, su 25 alert rilasciati, 21 erano esatti e 4 falsi allarmi”. Mediamente dopo due anni di ricerca e molti “alert” inviati la percentuale di successo è del 60% e oltre. Niente male.
Eppure i fisici russi sono cauti e non parlano ancora di previsione. “Per poter avere una tecnica pienamente affidabile — osserva Ouzounov — dovremmo affinare ulteriormente il processo per almeno un paio d’anni. E farlo lavorando assieme ai colleghi italiani. Ce ne sono di molto qualificati”. Già, ma i soldi? “Non serve molto — ribatte Pulinets — per partire basta un laboratorio con 5 ricercatori, una linea dati ad alta velocità, un collegameto ai sensori già esistenti e dei team da inviare sul territorio”. Su 8 miliardi di euro già stanziati per l’emergenza Abruzzo, qualche spicciolo per avviare anche in Italia una linea di ricerca innovativa e promettente parrebbe cosa saggia. Ma chissà.
http://quotidianonet.ilsole24ore.com/cronaca/2009/04/24/167904-satellite_aveva_previsto_sisma.shtml
Che i fenomeni elettromagnetici associati all’attività sismica possano garantire una promettente linea da ricerca, tale forse da portare ad una previsione dei terremoti, è da tempo convinzione di un piccolo numero di ricercatori, osteggiati dal grosso dei simologi. Tra di loro ci sono i russi Pulinets – che ha avviato queste ricerche nel 194 e nel 1998-2000 ha presentato i primi modelli teorici_ eOouzounov, recentemente autori di studi pubblicati su “Phisics and chemistry of the earth” (2006), “Annals of Geophisics” (2007) e di relazioni come quella presentata nel dicembre 2008 alla conferenza della American Geophisical Union. Su linee di ricerca simili o uguali ci sono fisici americani, cinesi, indiani, francesi. E italiani. Ad esempio il gruppo di Valerio Tramutoli dell’università della Basilicata e dell’Imaa/Cnr, che nel’aprile 2008 ha pubblicato sul prestigioso “Annals of Geophisics” uno studio sulla rilevazione satellitare dei precursori termici (TIR) in occasione del terremoto dell’ottobre 1997 in Umbria e Marche. Trovando anche in questo caso correlazioni positive.