Navi dei veleni, uno squarcio di verità
Le hanno chiamate “navi a perdere”, vecchie carrette piene di rifiuti tossici affondate in mare da trafficanti senza scrupoli con la complicità delle mafie. Si sospetta che almeno sette siano state affondate lungo le coste calabresi. E ieri, utilizzando un sommergibile, con ogni probabilità una l’hanno trovata davvero, adagiata su un fondo sabbioso a 483 metri di profondità 14 miglia al largo delle coste di Cetraro.
«Sinora — rivela il procuratore di Paola, Bruno Giordano — si erano fatte solo supposizioni, ma ora abbiamo la conferma di di un mercantile di grosse dimensioni, adagiato su un fianco con uno squarcio dal quale fuoriesce un fusto». A rendere possibile il ritrovamento è stato l’appoggio dell’assessore all’Ambiente Silvio Greco, che ha mobilitato l’Agenzia regionale per l’Ambiente che si è impegnata in una campagna oceanografica che ha prodotto il risultato atteso.
«Adesso che il relitto è stato trovato — osserva Greco — chiediamo al governo che ci dica cosa c’è in quel relitto e dove sono le altre navi che si dice siano state affondate nei mari calabresi». Il mercantile, 110 metri di lunghezza, ha una falla a prua dalla quale si vedono bidoni. Il nome non è leggibile ma si sospetta che si tratti del mercantile jugoslavo Cunsky, che sarebbe stato affondato nel 1992.
A mettere sulla strada giusta la procura è stato il pentito reggino Francesco Fonti, che nell’aprile del 2006 mise a verbale la ricostruzione del traffico. Ecco alcuni stralci del verbale, che ricostruiscono la voicenda. «Io stesso — disse il boss pentito — mi sono occupato di affondare navi cariche di rifiuti tossici e radioattivi. Ho incontrato un emissario con il boss Paolo De Stefano di Reggio Calabria. Abbiamo parlato della disponibilità di fornire alla famiglia di San Luca navi per eventuali traffici illeciti. Fu assicurato che non ci sarebbero stati problemi». «Nel 1992 — raccontò — nell’arco di un paio di settimane abbiamo affondato tre navi: nell’ordine la Yvonne A, la Cunski e la Voriais Sporadais». «La Yvonne A — prosegue il collaboratore — trasportava 150 bidoni di fanghi, la Cunski 120 bidoni di scorie radioattive e la Voriais Sporadais 75 bidoni di varie sostanze tossico-nocive. Le imbarcazioni erano tutte al largo della costa calabrese in corrispondenza di Cetraro». «Andammo a Cetraro — prosegue — e prendemmo accordi con un esponente della famiglia di ndrangheta Muto, al quale chiedemmo manodopera. La Yvonne A andò per prima al largo di Maratea, la Cunski si spostò poi in acque internazionali in corrispondenza di Cetraro e la Voriais Sporadais la inviammo per ultima al largo di Genzano. Poi facemmo partire tre pescherecci forniti dalla famiglia Muto e ognuno di questi raggiunse le tre navi per piazzare candelotti di dinamite e farle affondare». Diciassette anni dopo, uno squarcio di verità.