Clima: a Copenaghen accordo globale impossibile
Copenaghen non è Disneyland. A gettare secchiate di acqua gelata sugli eco-ottimisti che sperano ancora in un miracolo dell’ultima ora che faccia raggiungere a Copenaghen un accordo complessivo su di un testo di un trattato globale che sostituisca il trattato di Kyoto _ in scadenza nel 2012 _ è Ivo De Boer, direttore esecutivo della Convenzione sul clima delle Nazioni Unite. Che ci ricorda come non basti affatto volere qualcosa per ottenerla.
“Non c’è alcuna possibilità, sotto nessuno scenario _ dice De Boer _ che sia possa raggiungere a Copenaghen un trattato in tutti i suoi dettagli. Ma a Copenaghen si può e si deve trovare un accordo politici sui temi essenziali che possa far sì che una riposta di lungo periodo al cambiamento climatico sia chiara, possibile, realistica e ben definita. A Copenaghen dovremmo riuscire ad ottenere la fine delle negoziazioni politiche e l’avvio di un processo tecnico per la stesura di un trattato post Kyoto in tutti i suoi dettagli”. Chiaro? Del resto la realta dei negoziati è quella che è: tutti a parole mostrano disponibilità, tutti nei fatti sono almeno cautissimi quando si arriva ai testi negoziali. E a parte l’Europa nessuno si è detto pronto a mettere soldi sul piatto. Senza volontà di fare concessioni vere e di metter mano al portafogli è chiaro che l’accordo, se mai ci sarà, sarà un accordo di carta velina: pura aria calda. Inutile a far fronte al problema.
Ad oggi quattro sono i punti chiave. Primo: se e quanto i paesi sviluppati si impegneranno a ridurre entro il 2050, se l’accordo sarà vincolante e se verrà fissato uno step intermedio al 2020. Secondo: se i grandi paesi in via di sviluppo, opportunamente incentivati, accetteranno di assumere impegni più o meno volontari di riduzioine delle emissioni. Terzo: quali finanziamenti e quali tecnologie verranno messe sul piatto dai paesi ricchi per aiutare i paesi poveri a ridurre le loro emissioni e a mitigare gli effetti del cambiamento climatico. Quarto: come e da chi verrà gestito il flusso di finanziamenti.
Macigni, dei quali si parlerà ancora a Barcellona, a partire da lunedì, per un ultimo round negoziale di 5 giorni in vista della conferenza di Copenaghen (7-18 dicembre). Ma senza che nessuno abbia troppe speranze.
Bene che vada, nella città danese l’accordo sarà politico. E se a questo possibile ma arduo accordo politico mancassero tre testate d’angolo (accordo legalmente vincolante; target di riduzione al 2020 e al 2050; coinvolgimento dei grandi paesi in via di sviluppo in un processo di riduzione delle emissioni di gas serra) non potremo che chiamarlo fallimento. Tanto per parlare chiaro.