A Cancun i Giappone si chiama fuori se Cina e India non saranno coinvolte. E l’Arabia vuole soldi per i mancati introiti
Appena inziato, il vertice di Cancun è già in salita. A far discutere i delegati a margine della cerimonia di inagurazione _ come al solito piena di belle promese _ sono tre “questioni preliminari” che sono state presentate da Giappone, Arabia Saudita e Sri Lanka. E sono obiezioni pesanti che condizioneranno il negoziato in una spazio molto stretto. Roba seria.
Iniziamo dal Giappone che ha dichiarato che il protocollo di Kyoto _ che impone obblighi ai soli paesi industrializzati _ potrà essere prorogato dopo il 2012 nella forma emendata di cui si discute solo a condizione che rientri in un quadro più generale. E cioè nel quadro del trattato AGW-LCA (impegni a lungo termine) che identifichi impegni e strategie di attuazione per tutti i Paesi (compresi i grabdi paesi in via di sviluppo cone la Cinae l’India e naturalmente gl Stati Uniti. Il che significa che il Giappone opporrà il suo veto alla proroga del Protocollo di Kyoto qualora manchi l’approvazione del trattato AGW-LCA. Dato che le regole delle Nazioni Unite sono basate sul consenso, la presenza anche di un solo voto dissenziente bloccherebbe ogni decisione della COP.
E veniamo all’Arabia Saudita: ha dichiarato che darà il suo consenso affinchè il Protocollo di Kyoto sia prorogato fino al 2020 per tutti i paesi industrializzati, a condizione che gli emendamenti al protocollo di Kyoto non riguardino solo gli obblighi di riduzione delle
emissioni dei Paesi industrializzati coerenti con la stabilizzazione (art. 2 della UNFCCC), ma rfiguardino anche e soprattutto gli obblighi di fornire supporto ai paesi in via di sviluppo per il loro sviluppo sostenibile e per adattamento ai cambiamenti del clima, dove per adattamento non deve intendersi solo la prevenzione dei danni ambientali, ma anche dei danni economici per quelle economie dipendenti per esempio dai combustibili fossili. Il che sigifica che l’Arabia Saudita chiede _ e non è la prima volta che lo fa, ma oggi minaccia il veto _ di inserire nel protocollo di Kyoto, una sorta di risarcimento dei danni per le minori vendite o commercializzazione di combustibilii fossili da parte dei paesi produttori. Un autentico paradosso.
Dulcis in fundo lo Sri Lanka (fortemente ispirata da Cina e India) che ha dichiarato che darè il consenso affinchè il protocollo di Kyoto venga prorogato fino al 2020 purchè siano chiaramente definiti gli obblighi dei paesi industrializzati di riduzione delle emissioni domestiche (cioè nel proprio ambito nazionale) e che la riduzione delle emisioni dei paesi industrializzati (sia in forma singola che aggregata) sia determinata in base alla loro responsabilità storica di inquinamento del pianeta e non su altre basi, dal momento che la “responsabilità comune ma differenziata” è il principio cardine assieme a quello dell’equità, su cui si fonda la UNFCCC. In altre parole, chiede i tagli siano ancora soprattutto effettuati nei paesi storicamente causa del problema, quelli sviluppati.
Per chi dovrà tenere le fila del negoziato e cercare una sintesi, sarà ben dura….
ALESSANDRO FARRUGGIA