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Fallito (per ora) il tentativo di cancellare Kyoto

5 dicembre 2010 0 commenti
Attivisti del Sierra Club mostrano l'atteggiamento delle nazioni nei confronti del cambiamento climatico: mettere la testa dentro la sabbia

Attivisti del Sierra Club mostrano l'atteggiamento delle nazioni nei confronti del cambiamento climatico: mettere la testa dentro la sabbia

dall’inviato ALESSANDRO FARRUGGIA

_ CANCUN _

Il tentativo del Giappone (che aveva con se gli altri membri dell'”Umbrella group” quindi Russia, Canada, Australia, Ucraina, Stati Uniti) era più che serio, ma per ora è fallito: Kyoto non morirà sulle spiagge di Cancun.

Il risultato è frutto della reazione durissima degli 8 stati dell’ALBA (alternativa bolivariana, capiutanata da Venezuela e Bolivia) ma poi anche per quella della Cina e degli stati del G77. E di fronte alla reazione della stragrande maggiornza dei paesi in via di sviluppo il Giappone e suoi alleati hanno fatto marcia indietro.

Le obiezioni di principio restano, ma non la minaccia di bloccare tutto se si proporrà una proroga del protocollo di Kyoto.

A togliere le castagne dal fuoco, con notevole sagacia, è stata la presidenza messicana, che alle 16 di sabato ha presentato una “nota della presidenza”  nell’ambito del gruppo di lavoro sulle azione cooperative di lungo periodo (uno dei due tracciati sul processo negoziale). Nel testo, pur senza fare numeri,  dicendo che “l’obiettivo è contenere l’aumento della temperatura in 2 gradi” (nel cosiddetto accordo di Copenaghen si parlava di “ben sotto i 2 gradi”) si affermava che i paesi sviluppati dovranno impegnarsi in lteriori tagli alle emissioni e che “per le parti del protocollo di Kyoto i tagli alle emissioni dovranno essere aottate in u emendameno al protocollo di Kyoto” e che “i paesi sviluppati che non sono parte del protocollo di Kyoto (esempio la Corea del Sud) adotteranno impegni comparabili” mentre i paesi in via di sviluppo doteranno “strategia di contenimento delle emisioni” opportunamente assistita dai paesi sviluppati con trasferimento di tecnoligie, finanziamenti e supporto alla formazione. Oltre a questo si avviarà un processo di reporting sulle azioni di mitigazione (che era chiesto con forza dai paesi sviluppati) con invio di informazioni ogni due anni e si finanzieà l’adattament dei paesi in via di sviluppo con un fondo di 30 miliardi di dollari per il periodo 2010-2012 e di arrivare ad un finaziamento di 100 miliardi di dollari all’anno per il 2020.

E il testo è piaciuto, sia pure con molte riserve, a tutti. C’era il richiamo a Kyoto (ma aperto a ulteriori negoziazione e bilanciato con altri elementi graditi all’Umbrella group) e la minaccia di bloccare tutto è stata sventata. Come ha detto con chiarezza il caponegoziatore cinese Su Wei, “Kyoto è il solo strumento che preede obblghi quantifcati da parte dei paesi sviluppati. Che hanno un obbligo legale a contiuare i loro impegno anche nel secondo periodo di impegnio che inizia nel 2013. Ogni accordo a Cancun dovrà prevedere in secon periodo di impegno per Kyoto, senza, non ci sarà nessun accordo. Per quanto ci riguarda non firmeremo nessun testo che non mantenga il doppio tracciato (Kyrto e azioni di lungo periodo. Ndr), che che non sia rispettoso degli interessi dei paesi in via di sviluppo e che non provveda il secondo periodio di impegni per Kyoto.

Chiarissimo, e così l’Umbrella Group ha fatto buon viso a cattivo gioco. Il Giappone ha riaffermato con il caponegoziatore Ideki Minamikagawa la sua posizione su Kyoto: “Il secondo periodo di impegno non è una scelta giusta nè effiacace: serve un accordo legalmente vincolante che includa tutti i maggiori inquinatori”. Ma non ha ribatito che non firmerà un accordo che lo preveda. E l’Australia è andata oltre: “Pur ritenendo che una proroga di Kyoto è un errore potremmo essere disponobili a una proroga nell’ambito di un accordo più ampio”. Un segnale positivo da parte dell’Umbrella Group, sul quale è possibile costruire una delle basi di un accordo.