Eolico, produzione record ma sviluppo incerto: il futuro è appeso a un filo
di Alessandro Farruggia
Eolico in Italia, un grande futuro dietro le spalle? I decreti del governo butteranno il bambino con l’acqua sporca frenando l’intero comparto delle rinnovabili, che è uno dei motori della possibile rinascita industriale del Paese ed il cuore pulsante di quella green economy della quale in tanti si riempiono la bocca ma nella quale pochi nel Governo e nel Parlamento credono abbastanza da volerla promovere con scelte _ leggi: investimenti e regole _ concrete?
Il rischio c’è ed è ancora più grave perchè i dati dell’eolico, nonostante un 2011 non esaltante, restano ancora positivi. Nel 2011 infatti è stata creata in Italia capacità aggiuntiva per 950 MW, facendo salire la capacità installata a 6.737 MW: pur sempre il 7° posto a livello mondiale. Eppure crogiolarsi con gli obiettivi raggiunti potrenne essere pericoloso: i prodromi di una crisi grave ci sono tutti. E stavolta sarebbe un crisi non di crescita, ma una crisi da strangolamento. Le prime a proccuparsene sono state ovviamente le associazioni dei produttori, ma anche quelle ambientaliste sono scese in piazza al loro fianco.
“Questo risultato _ hanno osservato ad inizio 2012 in un comunicato congiunto Anev e Aper – ci penalizza a livello internazionale, dove subiamo il sorpasso della Francia e con la prospettiva concreta, in assenza di misure adeguate, di essere superati anche dal Regno Unito”. E il perchè è presto detto. “I numeri delle installazioni del 2011, anche se inferiori al biennio 2009-2010, fanno pensare ad un settore che si mantiene in equilibrio, ma _ sottolineano le due associazioni _ in realtà non è così”. E’, infatti, necessario considerare come “la quasi totalità della potenza eolica installata nel 2011 trae origine da iter autorizzativi iniziati da diversi anni che hanno visto la loro conclusione solo in tempi recenti, dopo un percorso molto accidentato della durata media di 4 anni, invece dei previsti 180 giorni”. E’ frutto degli ultimi bagliori della “grande crescita” ma è minacciata dal combinato disposto delle “strette” di alcune regioni e province autonome _ basti pensare a Campania e Alto Adige _ e della mannaia del decreto rinnovabili, che frenerà ulteriormente il settore. Fotovoltaico in primis, ma anche eolico.
Che, dati alla mano, stava _ anzi sta _ facendo più che bene. Se nel 2011 l’eolico ha prodotto 9.560 GWh (milioni di kWh) di elettricità (+5,7% rispetto al 2010), nei primi tre mesi del 2012 _ dati del rapporto mensile di marzo 2012 sul sistema elettrico di Terna _ ha generato 3.567 GWh, come dire +48.1% in piu dello stesso periodo del 2011. Ipotizzando che nei restanti tre trimestri del 2012 la produzione cresca del 16.5% (cioè la stessa percentuale di potenza aggiunta nel 2011) arriveremmo a 11.920 GWh prodotti, come dire +25% rispetto al 2011 (e se la crescita nei tre trimestri fosse “solo” del 12%, si toccherebbero comunque gli 11.625 GWh). Un risultato importante che dà la misura delle potenzialità del settore anche in un Paaese come l’Italia che non è tra i più vocati, almeno in gran parte del Nord del Pese.
Quello che brucia è che le prospettive dell’eolico a livello globale restano ottime. Secondo i calcoli resi noti da Bloomberg Nef nell’ultimo report sul prezzo degli impianti eolici, il Bloomberg New Energy Finance Wind Turbine Price Index (WTPI) i migliori parchi eolici del mondo infatti possono produrre oggi a un costo di 6,5 centesimi di dollaro per kWh, lo stesso di una centrale a carbone. Entro il 2016 tutte le nuove installazioni in media saranno competitive senza incentivi con i combustibili fossili. Siamo infatti a un record al ribasso per i prezzi delle turbine: a livello mondiale, per i contratti firmati nella seconda metà del 2011 con consegna nel 2013, si è arrivati ben al di sotto al milione di euro/MW, a una media di 0,91 milioni/MW, il 4% in meno rispetto al semestre precedente. Considerando che nel 2009 i prezzi erano a 1,21 milioni di euro/MW, il trend è chiaro.
E infatti i grandi paesi continuano ad investire in questa tecnologia. Esempio su tutti quello della Cina che nel 2011 _ dati Global wind report del GWEC _ nel 2011 ha installato qualcosa come 18 mila MW di impianti eolici (il 40% della nuova potenza eolica installata in tutto il mondo) portando il suo parco a quota 62.733 MW (26,.3% del totale mondiale) sopravanzano largamente gli Usa (46.919 MW), la Germania (29.060 MW) e la Spagna (21.674 MW). Da sottolineare che dei 238.351 MW installati a fine 2011 ben 96.616 si trovavano in Europa, ma è nell’Asia che ci si attende un tasso di crescita elevato, specialmente su imput dei pianificatori di Pechino. La Cina ci crede, tanto è vero che punta a raggiungere i 100.000 MW (100 GW) entro il 2015, i 200 GW (200.000 MW) entro il 2020, i 400 GW (400.000 MW) entro il 2030 e 1000 GW (i 1 milione di MW) al 2050: una cifra che sarà pari al 17% del fabbisogno elettrico del Paese.
E noi? Tagliamo e non solo sulle tariffe ma anche e soprattutto sui meccanismo regolatori, attraverso griglie e persino rinviando il pagamento di quanto dovuto per il passato. I decreti proposti questa primavera dal governo prevedono infatti _ addecendo presunti “problemi di cassa” _ il rinvio della scadenza di giugno del pagamento dei certificati verdi relativi al 2011. Un vero e proprio scippo che rinvia di sei mesi (salvo altre “esigenze di cassa, vien da temere) il pagamento di quanto dovuto, mettendo in sofferenza i piani finanziari e quindi gli equilibri economici delle aziende del settore. Quante reggeranno?
“Le conseguenze di un default del settore _ avverte Simone Togni, presidente dell’Anev_ sarebbero inimmaginabili con oltre 30.000 posti di lavoro attuali a rischio”. Peraltro, quello della perdita di molti green jobs, era un processo già iniziato del 2011. “I dati rilevati dallo studio Uil-Anev, indicano tassi di occupazione in netta discesa, ovunque superiori al 70% rispetto all’anno precedente, con picchi anche del 90% in alcune regioni del Sud Italia – osserva Togni – il settore negli ultimi anni ha fatto registrare ottimi risultati in termini economici e occupazionali, basti pensare che agli attuali 30.000 occupati se ne potrebbe aggiungere altrettanti, nei prossimi otto anni”.
Il condizionale è d’obbligo. Se il governo andrà avanti con la linea dirigista (il non aver avuto nessuna confronto operativo con gli operatori è stata una scelta “ideologica”, oltretutto di dubbia efficacia nella produzione di decreti davvero bilanciati) e fermo restano la necessità di limitare le tariffe non concederà quantomeno un passaggio graduale alle nuove regole, molti operatori potrebbero migrare su mercati più accoglienti. La Romania ad esempio o nel Brasile dalle gradi potenzialità, nel quale recentemente l’eolico ha battuto in gare aperte persino degli impianti turbogas. E se la fuga dal Belpaese dovesse verificarsi, sarebbe un’altra occasione persa. Economicamente ed ecologicamente.