Cambiare indicatori per cambiare le politiche!

Con questo titolo, si è svolto a Roma un incontro ricco e vivace che ha coinvolto oltre 60 organizzazioni e alcune istituzioni (ISTAT, rappresentati di alcuni ministeri ed enti locali) su come aprire un dibattito costruttivo e inclusivo (un "tavolo di consultazione") sulla strada della proposta di nuovi indicatori che vadano nella direzione del superamento del PIL per orientare le politiche pubbliche. Promosso da Sbilanciamoci, l'incontro ha registrato la presenza del nuovo presidente dell'ISTAT, Giovannini, Enrico Giovannini, che ha tracciato un percorso che prevede non solo un maggior numero di "uscite calendarizzate" di dati sulle questioni sociali, ambientali e culturali, ma anche un maggior coinvolgimento del livello locale. Nel corso dell'incontro la Campagna Sbilanciamoci! ha presentato un documento articolato in 7 punti di richieste specifiche rivolte al governo, al parlamento, agli enti locali e all'Istat. Tra le proposte del documento ricordiamo: rafforzare il lavoro dell'Istat sugli indicatori di benessere, introdurre il bilancio di genere e il bilancio sociale, recepire in Italia le indicazioni della Commissione Stiglitz, introdurre l'uso degli indicatori nel DPEF e nella legge finanziaria, varare finalmente la legge sulla contabilità ambientale. Il testo predisposto da Sbilanciamoci è servito da guida per il dibattito, che prevede entro l'estate di arrivare a una proposta condivisa da presentare a Governo e Parlamento. Ecco quà l'introduzione (il documento intero è scaricabile in basso): "Contestualmente al prendere piede di sempre più articolate critiche alla crescita economica (e quindi alla crescita del PIL) come unico motore di sviluppo, è iniziata la ricerca sistematica di misure del benessere e della sua sostenibilità in grado di superare i limiti del PIL stesso. In particolare, negli ultimi anni il dibattito sulla necessità di trovare un indicatore o un insieme di indicatori comuni di benessere che possano diventare guida e obbiettivo delle politiche pubbliche è stato costantemente presente: l’Ocse, insieme ad altre influenti organizzazioni internazionali, ha lanciato il suo “Global Project on Measuring the Progress of Societies” (Progetto globale su come misurare il progresso delle società); il Presidente francese Sarkozy ha istituito la “Commissione Internazionale sulla misurazione della performance economica e del progresso sociale”, guidata dai premi Nobel Stiglitz e Sen, di cui è stato recentemente pubblicato il rapporto finale; mentre una comunicazione della Commissione Europea dell’agosto 2009 ha illustrato cinque interventi chiave per integrare gli indicatori del progresso nei sistemi ufficiali di statistiche usati dalla politica. Se benessere, sviluppo e progresso sostenibili sono gli obiettivi da raggiungere, allora devono essere supportati da un cambiamento degli indicatori utilizzati. Chiudendo l’importante conferenza “Beyond GDP” (Oltre il PIL), tenutasi a Bruxelles nel novembre 2007, il Presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso sostenne che “non è possibile affrontare le sfide del futuro con gli strumenti del passato: è ormai
tempo di andare oltre il PIL”. Ma individuare tali nuovi strumenti non è compito facile, soprattutto se si conviene che superare il PIL sia più che altro un processo culturale e politico e non una semplice questione metodologica. Anche se si dovesse giungere ad un sistema di misurazione del benessere condiviso da tutti gli esperti, ciò non sarebbe garanzia di un rapido passaggio a nuovi obiettivi e nuove politiche. Per questo lo sviluppo degli indicatori non dovrebbe essere solo frutto di un lavoro tecnico-scientifico, ma, piuttosto, di un processo politico garantito da un dibattito aperto in grado di dare rappresentazione statistica alle priorità (preferenze e valori) di una collettività e con essa maggiore forza politica ai nuovi strumenti.