Atomo in bolletta? No grazie
ll nucleare che di questi tempi affascina una larga parte della nostra classe politica ha, oggi, un problema in più che è quello dei costi. La curva economica delle centrali atomiche, infatti, è esattamente il contrario di quella degli impianti a fonti fossili ed è caratterizzata da alti costi d’investimento nelle fasi di costruzione e smantellamento e da un prezzo contenuto del combustibile durante la fase d’esercizio.
Come fare, dunque, per trovare, in un periodo di crisi come quello odierno, i fondi necessari per la costruzione di un nuovo reattore? Semplice, basta metterli in bolletta ai consumatori fin dall’inizio dei cantieri e far pagare il chilowatt nucleare con una decina d’anni d’anticipo. Questo è stato il tentativo dell’utility americana Ameren che voleva costruire un secondo reattore, con tecnologia francese Epr come quelli scelti dal Governo italiano, da 1.600 MWe nella centrale di Callaway, nei pressi di San Louis innalzando preventivamente le bollette ai consumatori, per trovare una parte consistente dei sei miliardi di dollari (dato ufficiale contestato da più parti) necessari alla costruzione dell’impianto.
L’azienda elettrica ha tentato il “colpo” sapendo che da oltre 30 anni lo Stato del Missouri vieta alle utility di scaricare i costi degli impianti non ancora operativi sui cittadini, grazie a una nuova norma che avrebbe permesso di aggirare l’ostacolo, permettendo il carico in bolletta con anni d’anticipo dei costi del nucleare. La norma in questione non è passata e allora Ameren, non trovando altri finanziatori disponibili, ha dovuto rinunciare al progetto. Con buona pace dei francesi di Electricitè de France e di Areva che hanno perso una ghiotta commessa atomica. “Oggi in queste condizioni finanziarie e senza incentivi statali è molto difficoltoso costruire un grande impianto nucleare. – ha dichiarato l’Amministratore delegato di Ameren Thomas Voss, commentando la bocciatura della norma – La legislazione odierna non consente di avere le premesse fondamentali per proseguire nel progetto del nuovo reattore”.
In pratica Ameren in assenza di una nuova legislazione che le consenta di aumentare le bollette energetiche con un anticipo di almeno dieci anni e a fronte dei costi di costruzione molto elevati, che alcuni analisti stimano fino a 14 miliardi di dollari, getta la spugna e rinuncia al nuovo reattore.
E non è la prima volta che si tenta negli Usa il trucco di scaricare i costi dell’atomo in bolletta. Tre anni fa in Florida, grazie a una legge simile a quella che Ameren avrebbe voluto per il Missouri, l’utilty Progress Energy Florida introdusse, per il 2009, un sovrapprezzo fisso di nove dollari al mese al fine di coprire i costi di costruzione di due nuovi reattori nel sito di Levy. A far innestare la retromarcia all’azienda è stata, in questo caso, non la legge, ma la protesta compatta dei cittadini.