Il conto energia del desiderio
di Sergio Ferraris
«A maggio il nuovo Conto energia». Così si è espresso il sottosegretario con delega all’energia Stefano Saglia. Speriamo sia vero. Perché se da un lato l’industria del fotovoltaico sta affrontando il rush finale – con uno slalom tra autorizzazioni, veti incrociati e connessioni alla rete problematiche- in vista della scadenza del 31 dicembre 2010 , termine ultimo per accedere alla versione più conveniente del Conto energia, una parte degli investimenti dall’estero sono fermi – pura irresponsabilità in un periodo di crisi – e altre aziende stanno ristrutturando il proprio business.
Tenuto conto che delle riduzioni ci saranno, e sono anche plausibili visto l’abbassamento del prezzo dei pannelli fotovoltaici, le aziende per il prossimo triennio abbandoneranno in parte, la logica dei campi fotovoltaici a terra, sia per gli incentivi minori, sia perché in alcune Regioni, come la Puglia , i terreni appetibili sul fronte di una buona redditività sono sempre meno. Inoltre aumentano glin ostacoli autorizzativi, visto che sta montando, in maniera anacronistica visto lo scempio che si è fatto del territorio, la fronda che vede nel fotovoltaico un “attentato” al paesaggio.
Quali sono dunque gli impianti che saranno i protagonisti del prossimo triennio? Le coperture, di ogni genere e in ogni luogo. Capannoni industriali, serre agricole e zone compromesse – ex cave, discariche, aree militari dismesse – saranno il terreno di “caccia” del settore fotovoltaico. Il riutilizzo di superfici problematiche per il fotovoltaico potrebbe portare a buone pratiche generalizzate in grado di coniugare il risanamento ambientale con le rinnovabili.
La disponibilità delle aziende sembra esista. Speriamo che, come capita spesso in Italia, non ci sia qualcuno a tirare il freno a mano anche su questo tipo di installazioni. Non ci si dovrebbe stupire se nei prossimi mesi arriverà qualche ordinanz,a di una qualsiasi Soprintendenza ai beni architettonici e culturali, per proteggere orridi capannoni industriali degli anni cinquanta, immersi nella Pianura Padana, dallo “scempio fotovoltaico”. Dichiarandoli, magari, esempi di “archeologia industriale”.