Nucleare senza stress
Di stressare le centrali nucleari ai fini della sicurezza sembra non se ne parli se si legge tra le righe dell’indiscrezione circa i criteri che saranno decisi in sede europea per gli “stress test” del parco nucleare nel Vecchio continente che abbiamo pubblicato su Ecquo. Già perché un’applicazione rigorosa dei criteri di sicurezza, ammesso che si possano chiamare così quando parliamo di nucleare, porterebbe al fermo di una quantità di reattori ben più alta di quelli considerati sacrificabili dopo l’incidente di Fukuschima. In Francia, per esempio, ben 49 reattori sui 58 in funzione hanno già compiuto i venti anni e il più anziano è arrivato a 33. Situazione analoga se non peggiore in Gran Bretagna dove dei diciannove reattori in funzione nessuno è entrato in esercizio dopo il 1989 e quello più anziano, che chiuderà i battenti nel prossimo giugno, forse visto che nel Regno Unito si allunga la vita alle centrali per raccattare i fondi necessari al decomissioning, è addirittura entrato in funzione nel 1967. Saranno esclusi dagli stress test gli eventi umani, gli errori nella gestione del materiale radioattivo e i difetti strutturali, mentre gli eventi ammessi saranno i terremoti, le inondazioni e le variazioni di temperatura violente. Tutto ciò significa che incidenti come Three Miles Island – errore umano più difetto strutturale – e Chernobyl – errore umano – non saranno contemplati, mentre nel caso di Fukushima gli stress test potrebbero concludersi con una raccomandazione del tipo: «mettere i generatori diesel d’emergenza sul tetto lontani da inondazioni e tsunami».
C’è da chiedersi se viste queste premesse gli stress test riguarderanno, per esempio, l’adeguamento dei sistemi di sicurezza e controllo, che considerata l’età dei reattori, risalgono con ogni probabilità alla preistoria dell’informatica, se saranno fatte analisi sull’affaticamento dei materiali sottoposti alle radiazioni e se saranno rivisti i cosiddetti “Incident decision tree” che rappresentano la “Bibbia” della gestione degli incidenti. E inoltre come saranno considerate negli esiti dei test le combinazioni di cause diverse? Magari in parte d’origine naturale e in parte dovute a errori umani? Forse queste “improbabili” combinazioni non saranno considerate opzioni plausibili, ma continuando di questo passo si potrebbero escludere tranquillamente anche le cause del disastro di Fukushima, visto che dopo tutto le centrali hanno retto al terremoto ed erano concepite per uno tsunami dell’altezza inferiore a quello che è arrivato nella realtà. Con simili premesse è chiaro che gli stress test si tradurranno in una sentenza assolutoria del nucleare europeo che avrà un effetto “anestetico” nei confronti dell’opinione pubblica, specialmente per quella italiana che, come vorrebbe Governo, potrebbe essere traghettata nell’era post referendum, senza il referendum.
E dopo di ciò, assisteremo a un vero e proprio “rinascimento d’affari” per il nucleare. Le grandi aziende dell’atomo, infatti, già ora si vedono proiettate in un futuro dove si devono sostituire decine di gigawatt di potenza nucleare obsoleta con i “moderni” reattori sdoganati dall’Europa. Che poi il reattore Epr abbia solo trenta minuti di vita se privato del raffreddamento prima che si fonda il nocciolo, per i filonuclearisti con ogni probabilità è solo un dettaglio privo d’importanza. Di sicuro per loro è un’eventualità remota, come quella della fusione del nocciolo contemporaneamente in tre reattori nucleari.