I terremoti intelligenti
Pier Luigi Battista, in un’editoriale in prima pagina sul Corriere della Sera, si compiaceva della “lezione abruzzese”, del fatto che “maggioranza e opposizione hanno capito, tra le macerie e le innumerevoli vittime dell’Abruzzo, che sulle emergenze nazionali non deve avere spazio l’isteria di uno scontro primitivo. Le polemiche non mancheranno, ma a tempo debito”. Così fosse, si limitasse a questa luttuosa e temporanea fratellanza politica, la lezione abruzzese sarebbe ben poca cosa. E poi qual è il tempo debito? Dopo i funerali? Dopo una settimana? Un mese? Mai? Il vero insegnamento che la politica, l’economia e i cittadini devono trarre dalla lezione abruzzese non è una breve pace delle lacrime, ma la consapevolezza e l’impegno a fare e a fare bene.
Un altro articolo, su Repubblica, sottolinea che, in fondo, “nella catastrofe abruzzese non ci sono innocenti. Che, dunque, la colpa è un po’ di tutti. Un buon modo per dire che la colpa, in fondo, è di nessuno”. Ricorda, La Repubblica, che a febbraio Alessandro Martelli, responsabile della sezione Prevenzione Rischi Naturali dell’Enea, aveva scritto al ministro delle infrastrutture Altero Matteoli sollecitando l’entrata in vigore delle nuove norme antisismiche di standard europeo. “Bisogna evitare – scriveva Martelli – di favorire chi vuole limitare i costi a scapito della sicurezza”. “Matteoli – riporta ancora Repubblica – non ha avuto modo di rispondere pubblicamente a quella lettera. Ma già il 30 dicembre del 2008, l’intero governo, all’articolo 29 del milleproroghe, aveva decretato: «Al comma 1 dell’articolo 20 del decreto 31 dicembre 2007, n.248 le parole “30 giugno 2009″ sono sostituite dalle seguenti: “30 giugno 2010″». Tradotto: l’entrata in vigore delle nuove norme antisismiche è slittata di un anno”.
Non è ora il tempo delle polemiche. Ma per alcuni è sicuramente il tempo per ribadire che il futuro altro non sarà che una stanca e colpevole ripetizione del passato. Un atteggiamento ben espresso dall’editoriale pubblicato dal quotidiano La Sicilia, a firma Tony Zermo: “Berlusconi, anticipando le polemiche, ha ribadito che il Ponte si farà comunque perché è un’opera sicura e di riscatto del Sud – scrive Zermo – … Gli scienziati dell’Istituto nazionale di geosismica e vulcanologia e i massimi esperti internazionali hanno stabilito che il potenziale sismogenetico dell’area dello Stretto non supera i 7.1 gradi della scala Richter… Il Ponte non ha paura dei terremoti perché sarà realizzato con il massimo di tecnologie e di esperienze per resistere per due secoli di vita. Con buona pace di chi non lo vuole”. Fidiamoci: diciamo che l’Impregilo che realizzerà il Ponte, che poi è la stessa che ha messo mano all’ospedale San Salvatore de L’Aquila, costruirà un’infrastruttura in grado di resistere anche tre secoli e più. Ma è questo il punto? La Calabria, che purtroppo dei terremoti deve aver paura, ha case, edifici, scuole, ospedali che in caso di una forte scossa non resterebbero in piedi tre secondi. Che senso ha un ponte, un monumento aere perennius, se la gente di Reggio e Messina, le due città che dovrebbero essere unite, rischia di finire sotto le macerie? Il piccolo orizzonte del quotidiano La Sicilia, condiviso da molti politici, fa venire in mente una vecchia canzone di De Gregori, le bombe intelligenti “che ammazzano le persone, ma risparmiano gli scoiattoli”. Ecco, il Ponte, se si farà, sarà risparmiato dai terremoti. Per le persone si vedrà.
A proposito di politica, ha fatto recentemente una bella considerazione Adriano Sofri: “La politica – sottolinea – campa, vivacchia, o ingrassa, da molto tempo su emergenze di dettaglio o vere a metà, dunque false del tutto. Fa le facce, incarica, rimuove, si pavoneggia, ci scherza su, perfino. La politica seria ha da misurarsi con l’emergenza universale, e non ha bisogno di inventare nuovi strumenti per rilevare il radon predittore: le basta mettere l’orecchio sul suolo, e sentire l´eco di quello che è già successo”.