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La follia della combustione

17 aprile 2009 0 commenti
Il fornello del gas: uno scorcio di quotidianità. Accenderlo, è uno dei primi gesti rituali del mattino mentre la mente, magari, è già attiva su quello che si farà sul lavoro un'ora dopo.

La mia famiglia, composta attualmente da 2 persone, brucia spannometricamente circa 90 m3 di gas naturale all'anno per i soli scopi culinari. Altri 300 m3 vanno in fumo per l'acqua calda sanitaria. Infine, ulteriori 1000 servono per il riscaldamento.

La cosa può sembrare banale, ma non lo è affatto. Il metano, negli spot di qualche tempo fa, "dava una mano". La frase non è sbagliata, solo incompleta: dà una mano finquando "ce n'è".

Le proiezioni sui prossimi mesi danno costo del metano in discesa di qualche punto percentuale; qualcuno si rallegrerà, peccato che l'aumento negli ultimi 2 anni sia stato molto più significativo.

Ma non voglio fossilizzarmi sul prezzo. Non che sia inutile, per carità. Anzi, il prezzo è sempre stato un indicatore di fatti più profondi. Non molto ricco di informazione, ma pur sempre meglio di niente. Tuttavia, seguire in modo esclusivo le fluttuazioni del prezzo di una risorsa fossile senza preoccuparsi minimamente della problematica della futura scarsità, è un po' come fare decine di radiografie a una gamba rotta per descrivere la frattura, senza aver fatto nulla per prevenire l'incidente.

Nulla vieterà tra 2 anni di vedere scendere il gas naturale da 0,85 a 0,60 €/m3; e se tra 5-7 anni, per contro, arrivasse a 4 €/m3 ? Quanti potrebbero continuare a scaldarsi in modo decente? E se il prezzo fosse artificiosamente mantenuto costante nei decenni, ci saranno per caso delle zone geografiche penalizzate dal punto di vista dei diritti umani? Mah, chissà.

Il punto non è il prezzo. Il punto è che siamo di fronte a una risorsa fossile, nè più ne meno del petrolio. Il gas naturale è un patrimonio insostituibile e attualmente non rinnovabile. In realtà può essere ottenuto come biogas sfruttando allevamenti bovini e suini, ma con un'efficienza e una capacità di copertura che è ordini di grandezza inferiore all'output dei reservoir russi, africani e canadesi; il concetto di "stoccaggio" chimico dell'energia rinnovabile è piuttosto lontano dalla maturità.

Bruciare a scopo di riscaldamento un gas che è vitale per l'industria degli intermedi chimici è una cosa estremamente pericolosa, che ci trascinerà in orbite di instabilità geopolitica. Non si può cambiare dall'oggi al domani, tutti e contemporaneamente, ma se già ce ne rendiamo conto abbiamo la possibilità di fermare progressivamente l'emorragia, razionalizzando i consumi con tecnologie più efficienti (come le caldaie a condensazione) e integrando, per quanto possibile, con contributi rinnovabili. In attesa del grande salto.



PS Il lunedì di "Pasquetta" (ma questo nome chi l'ha inventato?!) siamo riusciti a cucinare per 9 persone utilizzando quasi esclusivamente la cucina solare (bollitura dell'acqua e riscaldamento antipasti in teglia), con minima integrazione a stufa a legna (3 kg circa di legno secco) per riscaldamento contemporaneo di ulteriori recipienti, che sarebbe servita comunque per scaldare la stanza; con il surplus di acqua calda abbiamo lavato i piatti. Le 2 bombole di GPL che ho se ne sono restate lì intonse, e sono pronte a intervenire, ma solo in mancanza di alternative :-)