Dove seminare il “picco”
"Seminatore al tramonto" (Vincent Van Gogh, 1888)
created by Mirco Rossi
Sarà certamente capitato a molti ascoltare dibattiti su crisi, crescita, decrescita alla radio o alla televisione; talvolta essi sono affidati a personaggi improbabili il cui coinvolgimento risulta imperscrutabile in relazione agli argomenti da affrontare.
Altri confronti invece sono alimentati da paludati economisti, famosi opinion leaders, politici o sindacalisti di vaglia che discettano con cognizione di causa ma senza mai nemmeno sfiorare i concetti di prospettiva energetica e di “picco”.
Pil, mercato, lavoro, sicurezze, incremento della produzione e del reddito da un versante; dall’altro poveri e ricchi, lavorare meno, capitalismo alla fine, cambiare obiettivi e pensare alla felicità.
Ore e ore di confronti spesso tra buoni parlatori, credibili, che a molti ascoltatori possono chiarire qualche dubbio. Di certo però tutte queste discussioni inevitabilmente consolidano l’idea generale che la natura di una crisi può avere, a seconda dei casi, origine finanziaria, economica, sociale, politica o perfino etica, ma che non potrà mai essere legata dalla carenza di risorse.
Mi chiedo come mai personalità di tale peso, certo non degli sprovveduti, siano in grado di ignorare nelle loro considerazioni un punto fondamentale: le scelte possibili all’interno di una crisi non dipendono solo dalla volontà, dall’ideologia, dalle convinzioni, dalle regole economiche. Come prima e dopo, anche durante una crisi le scelte sono possibili unicamente nei limiti definiti dalla disponibilità di risorse primarie. Solo all’interno di questi limiti le altre variabili possono agire e con questa semplice verità devono misurarsi le possibili soluzioni, intese come reali e durature.
L’unica condizione assolutamente pregiudiziale non viene mai evocata.
In queste occasioni non mi è mai capitato di registrare la presenza di qualche illustre aspista, o simpatizzante; tuttavia non posso credere che né gli organizzatori né nessuno dei partecipanti “preparati” ed “esperti” abbia mai sentito parlare di limiti delle risorse, dell’esistenza di una scuola di pensiero che ritiene impossibile il continuo incremento della produzione e dei consumi.
Eppure avranno certo sentito parlare di “picco” da qualche parte! Hanno convinzioni diverse? Non ritengono credibile l’analisi? Hanno dimenticato che il legame essenziale tra risorse e sviluppo o crisi è ineludibile? Mah!
Episodi come questo mi confermano nella convinzione che la larga divulgazione di alcuni concetti fondamentali sui limiti dello sviluppo e sulle concrete prospettive energetiche sia vitale per il successo, pur parziale, della “mission” di Aspo.
Libri, conferenze, convegni, interviste, articoli, siti, link, ben vengano, ma la loro utilità si concretizza in un ambito limitato.
Alcuni di questi approcci intercettano, per un tempo discretamente lungo, un pubblico già sensibile e motivato; altri, per brevi momenti, un pubblico “distratto” e occasionale, in grado di recepire messaggi-slogan o poco più. Entrambe tipologie d’interlocutori che poco del messaggio di Aspo fanno poi pesare nel sistema di pensiero riferibile alla collettività larga, quella che produce il senso comune, la cultura di massa. Cioè quel “pensiero dominante” che in democrazia governa i processi politici e decisionali.
Esso si forma principalmente sulla base della cultura appresa nel ciclo scolastico; resta poi influenzato dall’azione autodidattica, dalle esperienze, dalle letture, ma soprattutto da gretti interessi personali, dalle notizie “alla Tozzi” o alla “Piero Angela”, dai dibattiti o dalle informazioni televisive brevi, concise, semplici, sensazionali.
Le pillole di cultura distribuite dai mass media se reiterate, ascoltate più volte in contesti convincenti, lasciano il segno. Non è detto che facciano male, anzi, ma in sostanza non incidono sulle nozioni di fondo, verniciandole di “sentito dire”, di un qualcosa che qualcuno ha detto e che potrebbe essere o accadere.
La pseudo-conoscenza che determinano è in balia di chi, affrontando lo stesso tema da posizione di oggettiva autorevolezza in altri campi, può facilmente smantellarla: per convinzione diversa o per “dimenticanza”, occasionale o voluta, è in grado di convincere o lasciar intendere che una certa cosa non esiste, non succederà mai, o se succederà sarà in un tempo indefinibile, fuori dalle prospettive concrete.
Trascurando la ristretta quota di esperti, studiosi, idealisti, persone politicamente e idealmente convinte o incentivate, la quasi totalità dei cittadini resta irraggiungibile o, nel migliore dei casi, superficialmente sfiorata dal messaggio che Aspo riesce a veicolare sui media o con le tradizionali iniziative.
La fase più adatta ad acquisire nozioni e concetti basilari si conferma quindi essere quella del periodo scolastico, ambito non esclusivo ma certamente privilegiato di formazione culturale. Ma luogo dove per esperienza diretta da molti anni verifico la completa ignoranza ed estraneità degli elementi e dei concetti indispensabili affinché una persona possa acquisire un minimo di consapevolezza e di motivazione sulla sostanza del messaggio di Aspo.
Questa “tabula rasa” (pressoché totale) la riscontro tra i ragazzi che frequentano gli ultimi due anni dei licei, degli istituti tecnici e più in generale di ogni tipo di scuola superiore. Solo per una piccola frazione di coloro che proseguiranno all’università si presenterà l’occasione di accedere a nozioni e che, pur elementari a volte, vengono trattate come segreti per iniziati.
Non casualmente pari condizioni le riscontro nella stragrande maggioranza degli insegnanti, compresi quelli di scienze naturali, di applicazioni tecniche, di biologia, ecc.
Negli ultimi dieci anni (durante i quali ho interloquito direttamente - di solito per qualche ora - con almeno trentamila studenti e qualche migliaio di insegnanti di scuole di secondo grado) non ho mai trovato nessuno capace di dare una definizione decente di “bilancio energetico” e che abbia la vaga idea della sua importanza, di cosa significhi LCA, del fatto che un’automobile nuova, quando fa bella mostra di sé nella vetrina del concessionario, abbia già consumato un quantitativo di petrolio (equivalente) pari a quello che consumerà nel percorrere i successivi 25-35.000 chilometri. Tanto meno di cosa significhi Aspo, “picco” e a quali conclusioni porti la teoria di Hubbert. Tutto questo condito da un elevato livello di confusione tra solare a concentrazione, termico, fotovoltaico, MW, GW, fonti primarie e secondarie o mettendo più o meno sullo stesso piano la capacità produttiva di una turbina eolica e quella di una termoelettrica standard.
Gli studenti sanno parecchio di più sul riscaldamento globale, sull’inquinamento, sui benefici del riciclaggio (questo, magari un po’ confusamente), sul cibo biologico, sui prodotti a chilometri zero, sulla biodiversità, sui ghiacciai che stanno scomparendo e sui mari che stanno per sommergere le Maldive.
Ma nulla di nulla sui quattro-cinque principali concetti-nozione, indispensabili per comprendere la situazione, la dinamica e le prospettive energetiche; per raggiungere un minimo di consapevolezza sull’insostenibilità di questo tipo di sviluppo; per rendersi conto che né il nucleare né le energie rinnovabili potranno in nessun caso garantire a lungo la sopravvivenza di questo tipo di società; per acquisire la consapevolezza che nei prossimi decenni dovranno misurarsi con una ristrutturazione-rivoluzione di cui nessuno è in grado di prevedere i contorni e la portata; per motivare sufficientemente un qualche cambiamento da subito dello stile di vita.
Queste sono le terre da dissodare; in questi luoghi dovrebbe poter entrare ASPO, in ogni istituto, in ogni aula, in ogni testo scolastico.
Non mi risulta esistano libri di testo che facciano cenno ai ragionamenti di ASPO, che presentino la sua chiave di lettura della realtà, sollecitino approfondimenti sulla prossima carenza degli approvvigionamenti energetici.
Le conseguenze sono evidenti e se di tanto in tanto una classe borbotta qualche parola su questo terreno è merito di un insegnante che, per scelte del tutto personali, ha voluto approfondire l’argomento, trasferendo qualche frammento ai propri alunni.
Qualche aspista si dedica già meritoriamente a questo il tipo di divulgazione, ma si è ben lontani dal realizzare collettivamente un battente perlomeno significativo.
Se questo tipo di iniziativa potesse essere adeguatamente sviluppata – e, ne sono consapevole, i problemi non mancano - potrebbe diventare decisiva per la costruzione, in tempi non storici, di una nuova cultura dell’energia e delle risorse: l’unica che può sostenere un approccio accettabile ai difficili tempi che ci aspettano.
Decisivo sarebbe poter inserire qualche pagina con i concetti a cui Aspo fa riferimento all’interno dei libri scolastici. Alcuni sono verità scientifiche indiscutibili (bilancio di energia, LCA, energia grigia, limiti fisici delle risorse) che la folle idea di uno sviluppo illimitato sta volutamente mantenendo fuori dai processi d’istruzione e formazione culturale. Altri, più discutibili, dimostrerebbero a studenti ed insegnanti l’esistenza di letture diverse della realtà e li spingerebbero a una visione critica dell’informazione e della cultura “ufficiale”.
So bene che il problema di diffondere consapevolezza è immane e va ben al di là delle già ardue difficoltà esistenti in ambito scolastico. Ma in questa direzione va fatto il massimo sforzo, mettendo in campo tutti gli strumenti possibili, perché se la scuola non viene adeguatamente coinvolta qualunque altra iniziativa di Aspo, pur restando opportuna e positiva, otterrà comunque un risultato complessivamente insufficiente.
Altri confronti invece sono alimentati da paludati economisti, famosi opinion leaders, politici o sindacalisti di vaglia che discettano con cognizione di causa ma senza mai nemmeno sfiorare i concetti di prospettiva energetica e di “picco”.
Pil, mercato, lavoro, sicurezze, incremento della produzione e del reddito da un versante; dall’altro poveri e ricchi, lavorare meno, capitalismo alla fine, cambiare obiettivi e pensare alla felicità.
Ore e ore di confronti spesso tra buoni parlatori, credibili, che a molti ascoltatori possono chiarire qualche dubbio. Di certo però tutte queste discussioni inevitabilmente consolidano l’idea generale che la natura di una crisi può avere, a seconda dei casi, origine finanziaria, economica, sociale, politica o perfino etica, ma che non potrà mai essere legata dalla carenza di risorse.
Mi chiedo come mai personalità di tale peso, certo non degli sprovveduti, siano in grado di ignorare nelle loro considerazioni un punto fondamentale: le scelte possibili all’interno di una crisi non dipendono solo dalla volontà, dall’ideologia, dalle convinzioni, dalle regole economiche. Come prima e dopo, anche durante una crisi le scelte sono possibili unicamente nei limiti definiti dalla disponibilità di risorse primarie. Solo all’interno di questi limiti le altre variabili possono agire e con questa semplice verità devono misurarsi le possibili soluzioni, intese come reali e durature.
L’unica condizione assolutamente pregiudiziale non viene mai evocata.
In queste occasioni non mi è mai capitato di registrare la presenza di qualche illustre aspista, o simpatizzante; tuttavia non posso credere che né gli organizzatori né nessuno dei partecipanti “preparati” ed “esperti” abbia mai sentito parlare di limiti delle risorse, dell’esistenza di una scuola di pensiero che ritiene impossibile il continuo incremento della produzione e dei consumi.
Eppure avranno certo sentito parlare di “picco” da qualche parte! Hanno convinzioni diverse? Non ritengono credibile l’analisi? Hanno dimenticato che il legame essenziale tra risorse e sviluppo o crisi è ineludibile? Mah!
Episodi come questo mi confermano nella convinzione che la larga divulgazione di alcuni concetti fondamentali sui limiti dello sviluppo e sulle concrete prospettive energetiche sia vitale per il successo, pur parziale, della “mission” di Aspo.
Libri, conferenze, convegni, interviste, articoli, siti, link, ben vengano, ma la loro utilità si concretizza in un ambito limitato.
Alcuni di questi approcci intercettano, per un tempo discretamente lungo, un pubblico già sensibile e motivato; altri, per brevi momenti, un pubblico “distratto” e occasionale, in grado di recepire messaggi-slogan o poco più. Entrambe tipologie d’interlocutori che poco del messaggio di Aspo fanno poi pesare nel sistema di pensiero riferibile alla collettività larga, quella che produce il senso comune, la cultura di massa. Cioè quel “pensiero dominante” che in democrazia governa i processi politici e decisionali.
Esso si forma principalmente sulla base della cultura appresa nel ciclo scolastico; resta poi influenzato dall’azione autodidattica, dalle esperienze, dalle letture, ma soprattutto da gretti interessi personali, dalle notizie “alla Tozzi” o alla “Piero Angela”, dai dibattiti o dalle informazioni televisive brevi, concise, semplici, sensazionali.
Le pillole di cultura distribuite dai mass media se reiterate, ascoltate più volte in contesti convincenti, lasciano il segno. Non è detto che facciano male, anzi, ma in sostanza non incidono sulle nozioni di fondo, verniciandole di “sentito dire”, di un qualcosa che qualcuno ha detto e che potrebbe essere o accadere.
La pseudo-conoscenza che determinano è in balia di chi, affrontando lo stesso tema da posizione di oggettiva autorevolezza in altri campi, può facilmente smantellarla: per convinzione diversa o per “dimenticanza”, occasionale o voluta, è in grado di convincere o lasciar intendere che una certa cosa non esiste, non succederà mai, o se succederà sarà in un tempo indefinibile, fuori dalle prospettive concrete.
Trascurando la ristretta quota di esperti, studiosi, idealisti, persone politicamente e idealmente convinte o incentivate, la quasi totalità dei cittadini resta irraggiungibile o, nel migliore dei casi, superficialmente sfiorata dal messaggio che Aspo riesce a veicolare sui media o con le tradizionali iniziative.
La fase più adatta ad acquisire nozioni e concetti basilari si conferma quindi essere quella del periodo scolastico, ambito non esclusivo ma certamente privilegiato di formazione culturale. Ma luogo dove per esperienza diretta da molti anni verifico la completa ignoranza ed estraneità degli elementi e dei concetti indispensabili affinché una persona possa acquisire un minimo di consapevolezza e di motivazione sulla sostanza del messaggio di Aspo.
Questa “tabula rasa” (pressoché totale) la riscontro tra i ragazzi che frequentano gli ultimi due anni dei licei, degli istituti tecnici e più in generale di ogni tipo di scuola superiore. Solo per una piccola frazione di coloro che proseguiranno all’università si presenterà l’occasione di accedere a nozioni e che, pur elementari a volte, vengono trattate come segreti per iniziati.
Non casualmente pari condizioni le riscontro nella stragrande maggioranza degli insegnanti, compresi quelli di scienze naturali, di applicazioni tecniche, di biologia, ecc.
Negli ultimi dieci anni (durante i quali ho interloquito direttamente - di solito per qualche ora - con almeno trentamila studenti e qualche migliaio di insegnanti di scuole di secondo grado) non ho mai trovato nessuno capace di dare una definizione decente di “bilancio energetico” e che abbia la vaga idea della sua importanza, di cosa significhi LCA, del fatto che un’automobile nuova, quando fa bella mostra di sé nella vetrina del concessionario, abbia già consumato un quantitativo di petrolio (equivalente) pari a quello che consumerà nel percorrere i successivi 25-35.000 chilometri. Tanto meno di cosa significhi Aspo, “picco” e a quali conclusioni porti la teoria di Hubbert. Tutto questo condito da un elevato livello di confusione tra solare a concentrazione, termico, fotovoltaico, MW, GW, fonti primarie e secondarie o mettendo più o meno sullo stesso piano la capacità produttiva di una turbina eolica e quella di una termoelettrica standard.
Gli studenti sanno parecchio di più sul riscaldamento globale, sull’inquinamento, sui benefici del riciclaggio (questo, magari un po’ confusamente), sul cibo biologico, sui prodotti a chilometri zero, sulla biodiversità, sui ghiacciai che stanno scomparendo e sui mari che stanno per sommergere le Maldive.
Ma nulla di nulla sui quattro-cinque principali concetti-nozione, indispensabili per comprendere la situazione, la dinamica e le prospettive energetiche; per raggiungere un minimo di consapevolezza sull’insostenibilità di questo tipo di sviluppo; per rendersi conto che né il nucleare né le energie rinnovabili potranno in nessun caso garantire a lungo la sopravvivenza di questo tipo di società; per acquisire la consapevolezza che nei prossimi decenni dovranno misurarsi con una ristrutturazione-rivoluzione di cui nessuno è in grado di prevedere i contorni e la portata; per motivare sufficientemente un qualche cambiamento da subito dello stile di vita.
Queste sono le terre da dissodare; in questi luoghi dovrebbe poter entrare ASPO, in ogni istituto, in ogni aula, in ogni testo scolastico.
Non mi risulta esistano libri di testo che facciano cenno ai ragionamenti di ASPO, che presentino la sua chiave di lettura della realtà, sollecitino approfondimenti sulla prossima carenza degli approvvigionamenti energetici.
Le conseguenze sono evidenti e se di tanto in tanto una classe borbotta qualche parola su questo terreno è merito di un insegnante che, per scelte del tutto personali, ha voluto approfondire l’argomento, trasferendo qualche frammento ai propri alunni.
Qualche aspista si dedica già meritoriamente a questo il tipo di divulgazione, ma si è ben lontani dal realizzare collettivamente un battente perlomeno significativo.
Se questo tipo di iniziativa potesse essere adeguatamente sviluppata – e, ne sono consapevole, i problemi non mancano - potrebbe diventare decisiva per la costruzione, in tempi non storici, di una nuova cultura dell’energia e delle risorse: l’unica che può sostenere un approccio accettabile ai difficili tempi che ci aspettano.
Decisivo sarebbe poter inserire qualche pagina con i concetti a cui Aspo fa riferimento all’interno dei libri scolastici. Alcuni sono verità scientifiche indiscutibili (bilancio di energia, LCA, energia grigia, limiti fisici delle risorse) che la folle idea di uno sviluppo illimitato sta volutamente mantenendo fuori dai processi d’istruzione e formazione culturale. Altri, più discutibili, dimostrerebbero a studenti ed insegnanti l’esistenza di letture diverse della realtà e li spingerebbero a una visione critica dell’informazione e della cultura “ufficiale”.
So bene che il problema di diffondere consapevolezza è immane e va ben al di là delle già ardue difficoltà esistenti in ambito scolastico. Ma in questa direzione va fatto il massimo sforzo, mettendo in campo tutti gli strumenti possibili, perché se la scuola non viene adeguatamente coinvolta qualunque altra iniziativa di Aspo, pur restando opportuna e positiva, otterrà comunque un risultato complessivamente insufficiente.