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Petrolio, che fatica

12 giugno 2009 0 commenti


Ci siamo. Il petrolio e tutto il downstream (carburanti, intermedi chimici, ...) sta ripartendo con la salita dei prezzi. I beni alimentari seguono a ruota, in quanto incorporano i costi dei trattamenti chimici agricoli, degli imballaggi e dei trasporti.

Le "ripide montagne russe" nei prezzi di una risorsa finita, non immediatamente sostituibile, basilare per l'industria, e che ha da poco superato la mediana della curva di produzione sono assolutamente naturali nella matematica di questi sistemi. Scattano dinamiche non-lineari tali per cui da una piccola variazione in più (o in meno) discende una catena di feeedback positivi, che rinforzano la tendance in modo vorticoso, fino a un punto in cui il sistema "cede" e si deve tornare indietro. Esattamente come avviene nelle reazioni chimiche oscillanti, o nei sistemi preda-predatore. Più il sistema è lontano dall'equilibrio, più le oscillazioni sono ampie e difficili da governare.

Se prendiamo un pezzo di acciaio non eccessivamente rigido (ad esempio un cucchiaio), e proviamo a piegarlo in un punto preciso, alternando l'angolo di piegamento da una parte e poi dall'altra, insistendo sempre sullo stesso punto, dopo un certo numero di piegamenti lo spezzeremo. Il fenomeno è noto come "rottura a fatica". Nei laboratori metallografici, esiste una prova del controllo qualità nota come "prova di fatica", che consiste nel registrare il n° di piegamenti effettuati prima di osservare la rottura.

Che cosa comporterà l'instabilità dei prezzi del petrolio? Ad esempio, nella discesa da 150 a 30 dollari, la demand destruction era (ed è) accompagnata da una sovrabbondanza di forza-lavoro nella grande industria, che ha cercato di adattarsi lasciando a casa milioni di persone nel mondo. Se ora il petrolio riparte e riesce ad oltrepassare i 100 $, ripartirà l'inflazione; se arriverà a sfiorare i 200, le bollette energetiche delle imprese saranno tali da provocare ulteriori fallimenti. Nel frattempo, le famiglie che avevano perso il posto nel precedente periodo di deflazione ridurranno ulteriormente il loro potere d'acquisto; probabilmente dovranno rinunciare all'automobile e ad altre cose ancora. In questo gioco perverso si innesta il rischio bancario e dei prestiti in genere.
Insomma, quello che possiamo aspettarci è di vedere succedere una cosa molto simile al cucchiaio: una rottura del sistema per fatica.

Possiamo evitare questo infausto epilogo? L'unica via che riesco a vedere è quella di spostare la forza lavoro dai settori più energivori e in decrescita verso l'industria del rinnovabile e del recupero materiali. Purtroppo ad oggi Sindacati e Confindustria richiedono a gran voce riforme, investimenti eccetera... ma per cosa? Per continuare a produrre quello che abbiamo sempre prodotto da trent'anni a questa parte. Ad esempio? Automobili, sacchetti di plastica e pannolini ...
[La frase di Gheddafi, plaudita dal presidente di Confindustria, "...La Libia non favorirà la fornitura di gas e petrolio ad altri paesi a spese dell'Italia..." è emblematica della scarsa evoluzione in cui siamo immersi e dalla quale abbiamo oggettive difficoltà a liberarci: dipendenza dai fossili e rapporti geopolitici costruiti su basi di "forza". A dispetto del titolo dell'articolo linkato, di tutto possiamo parlare, fuorchè di svolta]