Non è tutto oro (nero) quello che luccica
created by Francesco Aliprandi
Con una cadenza ormai regolare si leggono sulla stampa articoli che prospettano la possibilità di estrarre combustibili fossili - petrolio e gas naturale - al Polo Nord; in effetti la tendenza alla riduzione dell'estensione dei ghiacci perenni mostrata negli ultimi anni, che potrebbe condurre ad uno scioglimento completo anche se solo nel periodo estivo, viene spesso indicata come una condizione in grado di favorire la ricerca e la messa in produzione di nuovi giacimenti. Recentemente è stato pubblicato sulla rivista "Science" uno studio [1] riguardante le stime di idrocarburi che potrebbero trovarsi sotto il territorio artico; vale la pena analizzarlo con un certo dettaglio per cercare di stabilire quali possano essere i reali sviluppi futuri e l'impatto sulla produzione globale.
Lo studio
Del 6% della superficie terrestre che rappresenta il circolo polare artico, circa un terzo è emerso, un altro terzo è costituito da piattaforma continentale con profondità inferiore ai 500 m e il restante è in acque profonde; diverse regioni su terraferma sono già state esplorate, ad esempio il nord dell'Alaska (la famosa Prudhoe Bay) e la zona ovest del bacino siberiano. Nel complesso ad oggi sono stati individuati e perforati circa 400 giacimenti, per un totale di 40 miliardi di barili di petrolio e oltre 1100 Tcf [2] di gas naturale. Le prospezioni in acque poco profonde invece sono state finora limitate dai costi, da difficoltà tecniche e dalla distanza, ma si ritiene che quella zona rappresenti il maggiore potenziale per l'industria petrolifera.
L'articolo prende spunto da un'indagine geologica [3] eseguita dall'USGS (United States Geological Survey) che ha integrato i dati posseduti dall'ente statunitense con quelli forniti da analoghi enti di altri stati e da geologi operanti nel settore petrolifero. La mappa risultante ha classificato il terreno artico suddividendolo in 69 zone omogenee - dette Assessment Units, AUs - ciascuna delle quali con uno spessore di almeno 3 km di roccia sedimentaria, considerato il valore minimo necessario per dare luogo alla formazione di giacimenti significativi di idrocarburi. Dato però che il territorio è scarsamente esplorato, per valutare il potenziale delle zone si sono prese come modello le scoperte avvenute in altre parti del mondo aventi caratteristiche affini a quelle delle zone omogenee; la consistenza delle riserve di petrolio e gas naturale è stata poi valutata solo nelle zone dove la dimensione minima dei giacimenti superasse i 50 milioni di barili di petrolio (o equivalente in gas) con una simulazione di tipo Montecarlo [4].
I risultati indicano che al Polo Nord si troverebbero riserve per 44, 83 o 157 miliardi di barili di petrolio con probabilità rispettivamente del 95%, 50% e 5%; come confronto si tenga presente che le attuali riserve mondiali accertate si aggirano sui 1200 miliardi di barili, e se ne consumano circa 30 all'anno. Per quanto riguarda il gas naturale si parla di riserve che potrebbero bastare da un minimo di 7 anni nell'ipotesi più pessimista ad un massimo di 30, sempre ai consumi attuali. Considerando la distribuzione geografica si nota che il 60% delle riserve di petrolio risulterebbe concentrato in sole 6 delle 49 AUs [5], e metà di questo nella piattaforma continentale dell'Alaska; altre zone importanti si trovano in Russia (Yenisey-Khatanga e bacino di Barents) e Danimarca. Il gas naturale sarebbe presente - in termini energetici - in quantità triple rispetto al petrolio, e la dimensione del giacimento più grande sarebbe circa 8 volte superiore (22.5 miliardi di barili equivalenti contro 2.9): quindi con maggiori probabilità di essere sfruttato. I due terzi andrebbero individuati in sole 4 AUs, e per oltre la metà del totale in territorio russo (bacini Nord e Sud di Barents e parte meridionale del mare di Kara).I verbi al condizionale però sono d'obbligo più che mai in queste circostanze.
http://www.sciencemag.org/content/vol324/issue5931/images/large/324_1175_F1.jpegStima delle riserve di petrolio
http://www.sciencemag.org/content/vol324/issue5931/images/large/324_1175_F2.jpegStima delle riserve di gas naturale
Aspetti tecnici ed economici
Per iniziare, una simulazione basata su di un modello statistico - per quanto raffinato possa essere - non può sostituire una reale campagna esplorativa; inoltre per stessa ammissione degli autori le conoscenze geologiche in molte zone sono inadeguate, e ciò significa che al momento si sta parlando di petrolio e gas di carta, esistente solo su una attraente mappa colorata.Dal punto di vista tecnico i problemi sono numerosi. Ad esempio, la costruzione di oleodotti deve tener conto della possibilità che il ghiaccio, trasportato dalle correnti, scavi ed incida il fondale (come farebbe un aratro in un campo): sono stati individuati in alcune zone solchi profondi fino a 8 m; oppure la possibilità che si verifichino perdite in aree coperte da pack, con la necessità di attendere il disgelo per avviare le operazioni di pulizia (una perdita che avvenisse all'inizio dell'inverno in presenza di correnti potrebbe dar luogo ad una striscia di petrolio lunga fino a 500 km e larga 150 m [6]).
Alle condizioni climatiche estreme si aggiungono le difficoltà logistiche del dover lavorare in luoghi distanti da avamposti umani: strade di accesso, aeroporti, ospedali e infrastrutture di ogni tipo sono inesistenti, cosicché guasti e imprevisti che altrove rappresentano semplici seccature possono diventare contrattempi di difficile soluzione ed economicamente dispendiosi.
E proprio l'aspetto economico è uno dei talloni d'Achille dello studio, perché le riserve mappate si intendono sfruttabili anche in presenza di ghiaccio in superficie e, cosa più importante, senza riferimenti ai costi di esplorazione e sviluppo. Vista la sete di energia del mondo potrebbe sembrare fuori discussione che prima o poi si tenterà di sfruttare anche gli idrocarburi nascosti in quella regione, ma perché accada il prezzo del barile dovrebbe essere molto elevato, e rimanerci sufficientemente a lungo da convincere gli operatori del settore che esistono margini di guadagno. Tuttavia non è ancora chiaro quale sia il limite che l'economia mondiale è in grado di sopportare senza frenare o entrare in recessione, e le oscillazioni recenti - per quanto originate da una situazione economica contingente - suggeriscono anche scenari nei quali o il prezzo non raggiungerà mai un livello abbastanza alto, o lo farà per periodi troppo brevi.
E proprio l'aspetto economico è uno dei talloni d'Achille dello studio, perché le riserve mappate si intendono sfruttabili anche in presenza di ghiaccio in superficie e, cosa più importante, senza riferimenti ai costi di esplorazione e sviluppo. Vista la sete di energia del mondo potrebbe sembrare fuori discussione che prima o poi si tenterà di sfruttare anche gli idrocarburi nascosti in quella regione, ma perché accada il prezzo del barile dovrebbe essere molto elevato, e rimanerci sufficientemente a lungo da convincere gli operatori del settore che esistono margini di guadagno. Tuttavia non è ancora chiaro quale sia il limite che l'economia mondiale è in grado di sopportare senza frenare o entrare in recessione, e le oscillazioni recenti - per quanto originate da una situazione economica contingente - suggeriscono anche scenari nei quali o il prezzo non raggiungerà mai un livello abbastanza alto, o lo farà per periodi troppo brevi.
Conclusioni
Anche ammettendo che nel futuro la tecnologia e i costi consentano l'estrazione di petrolio oltre il circolo polare artico, rimane da chiedersi quale possa essere il massimo flusso a regime: spesso si tende a dimenticare che la dimensione della botte è importante, ma solo se ho allo stesso tempo un rubinetto che posso aprire a seconda delle necessità, e sembra ragionevole attendersi che il Polo Nord non potrà contribuire in modo significativo al soddisfacimento della sete mondiale. Può essere interessante ricordare che il giacimento di gas naturale di Shtokman - nel mare di Barents in territorio russo - è stato scoperto nel 1988 ma non è ancora entrato in produzione, nonostante rappresenti da solo oltre il 10% delle riserve del paese e gli acquirenti non manchino. La Gazprom spera di iniziare a vendere il gas estratto a partire dal 2013 grazie agli accordi con Total (francese) e StatoilHydro (norvegese), a 20 anni di distanza dalla costruzione dei primi pozzi di prova.
Indipendentemente da quello che sarà il fato dei ghiacci polari nei prossimi anni, l'entità delle riserve energetiche che potrebbero celare rappresenta un piccolo contributo al fabbisogno mondiale. Il fatto che se ne parli con tanta frequenza e con toni ottimistici - anche in assenza di riscontri reali - sta a indicare che mancano serie alternative in zone climaticamente meno estreme. Stiamo arrivando al fondo del barile?
Riferimenti e note
[1] Assessment of Undiscovered Oil and Gas in the Arctic, Donald L. Gautier et al., Science 29 May 2009:Vol. 324. no. 5931, pp. 1175 - 1179
[2] 1 Tcf (trillion cubic feet) equivale a 28.3 miliardi di metri cubi.
[3] U.S. Geological Survey Fact Sheet 2008-3049; Circum-Arctic Resource Appraisal: Estimates of Undiscovered Oil and Gas North of the Arctic Circle by Kenneth J. Bird et al. reperibile in pdf all'indirizzo http://pubs.usgs.gov/fs/2008/3049/fs2008-3049.pdf
[4] Vale la pena notare che Jean Laherrère, un geologo che ha lavorato per 37 anni con la Total, circa un anno fa usava queste parole su The Oil Drum: "On the coming USGS arctic study I hope that they will not use a black box such as Monte Carlo simulation to get an estimate".
[5] 20 delle 69 AUs vengono escluse dal modello nella fase di stima quantitativa dell'entità dei giacimenti.
[6] Offshore Oil in the Alaskan Arctic, W. F. Weeks and G. Weller, Science, New Series, Vol. 225, No. 4660 (Jul. 27, 1984), pp. 371-378
Links con ulteriori informazioni:
Arctic Oil and Gas Ultimates, http://europe.theoildrum.com/node/3666Arctic fantasies need reality check, http://www2.canada.com/edmontonjournal/news/business/story.html?id=bfda2108-bf06-4a53-9c45-20b5eb36a34a