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Risorse e denari

3 settembre 2009 0 commenti


Nell'immaginario collettivo si ritiene che aumentando il prezzo di un certo bene, esso sarà acquistato da un minor numero di persone, in modo tale per cui tale bene "scarso" risulterà soddisfare in modo "adeguato" la modificata richiesta.
Ad esempio, se andare in vacanza in qualche villaggio turistico messicano costa ad un Europeo (tra viaggio, hotel e spese varie sul posto) una cifra "elevata" rispetto al suo stipendio, il numero medio di persone che si concedono questo lusso tenderà a diminuire.

In termini generali, il ragionamento può sembrare corretto, ma suona un po' troppo semplicistico.

Da un punto di vista "primitivo" si potrebbe pensare di applicare questa leva al caso del consumo in senso lato. Acquisto di cibi al supermercato, di vestiario, di immobili, di autovetture; utilizzo di servizi vari, ad esempio i trasporti. A ciascuno di questi "bisogni" corrisponde un certo quantitativo di petrolio equivalente necessario in termini di materia prima e/o di energia di trasformazione.

Il fatto è che chi ha una "posizione economica" molto forte, con la crisi la vedrà sostanzialmente poco perturbata. La grande moltitudine di persone, invece, potrebbe essere sopraffatta da ondate inflattive, e si vedrà tagliate le entrate a causa della perdita o della precarietà del lavoro. Nel frattempo, chi ha un reddito elevato potrà mantenere inalterati i propri consumi, anzi, tenderà ad aumentarli * .

Incidentalemente, questo post mi era venuto in mente una sera di fine marzo: stavo andando a spegnere la fiammella pilota (orrore) della mia vecchia caldaia, quando ho visto il camino del mio benestante vicino fumare allegramente, con una temperatura esterna mite. Sul piano psicologico potrei dire: "Chi se ne frega di spegnere la fiammella? 100 € all'anno sono perfettamente alla mia portata". Il punto, però, non è psicologico ma fisico. Una questione di principio, di rifiuto dell'inutilità e degli sprechi.

In pratica il consumo energetico fossile mondiale può essere considerato grossomodo costante, se vogliamo a decrescita molto lenta (questo, a causa del fatto che siamo seduti sul picco-plataeau fisico della curva di produzione). La velocità di sottrazione delle risorse fossili dipende in modo congiunto dalla numerosità della popolazione mondiale e dal consumo medio pro capite. Non ha senso considerare queste variabili isolatamente. Non a caso le famiglie più energivore sono, per lo meno nella casistica occidentale media, le coppie senza figli, o i single: maggiore frequenza di sostituzione auto, elettrodomestici, beni di plus & lusso, n° di viaggi aerei ...

In assenza di una massiccia penetrazione delle rinnovabili, il flusso fossile avrà un andamento conservativo (modulato soltanto -meglio che niente- dall'inoppugnabile profilo a picco della risorsa) e sarà spartito tra un numero sempre minore di gruppi sociali a ricchezza (monetaria) crescente; l' aumentata popolazione "povera" diminuirà dopo il finale periodo di crescita inerziale (peak population) per cause di forza maggiore.

E' esattamente questa la spirale che dobbiamo evitare come la peste; risparmio energetico, rinnovabilità e migliore distribuzione energo-demografica, i migliori antidoti.



* Questo mio ragionamento naif è in realtà meglio formalizzato in quello che va sotto il nome di "paradosso di Jevons"