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Vertice FAO. Il tabù taciuto della sovrappopolazione

20 novembre 2009 0 commenti


Veduta aerea del campo profughi di Al Salam (Darfur settentrionale)


 
created by Luca Pardi


Leggendo i servizi dei media sul vertice FAO abbiamo appreso quello che sapevamo che potevamo prevedere e avevamo effettivamente previsto. La crisi ha come più importante effetto quello di aumentare il numero di affamati. Tale situazione era gia stata evidenziata da Ugo Bardi in un recente post su questo blog. Nello stesso breve post Ugo si rammaricava di aver azzeccato la prevista carestia in un precedente contributo.

Ciò che manca nelle analisi è il fattore popolazione o, meglio, sovrappopolazione. Uno dei tabù più persistenti della modernità.

Il problema è infatti tanto la quantità di cibo (estremamente dipendente dalla disponibilità petrolifera e di altre risorse fossili) per sfamare le bocche esistenti, quanto il numero sempre crescente di bocche da sfamare.

Nell'orgia di reprimende e recriminazioni morali e politiche a cui assistiamo manca infatti (a meno di mie sviste) ogni considerazione riguardo al fatto di aver lasciato la popolazione crescere senza freni, con la sola maledetta e benedetta eccezione della Cina. Maledetta per i metodi, benedetta per gli effetti.

Una Santa Alleanza dei chierici delle diverse religioni con i Guru delle Schools of Economics ha forgiato la politica demografica degli ultimi decenni, rimuovendo totalmente il problema della crescita demografica dal dibattito pubblico, e il tema del controllo delle nascite dalle politiche globali. Eppure una Kyoto della sessualità responsabile era stata iniziata, gia in largo ritardo, con la conferenza del Cairo nel 1994 nella quale si era accettata l'idea di diffondere "l'accesso ai servizi per la salute sessuale e riproduttiva, inclusa la pianificazione familiare. A questo seguì il nulla prodotto dall'opposizione pregiudiziale del Vaticano delle amministrazioni USA dell'era dei Bush (a cui l'interludio Clinton non pose rimedio) e di alcuni paesi islamici.

Le gia limitate e ritardatarie conclusioni della conferenza del Cairo restarono lettera morta sul piano della contraccezione. La contraccezione appunto. Un'insieme di "tecnologie" semplici, molto più semplici di molte che si è inteso trasferire nei paesi poveri, delle quali le donne del terzo e quarto mondo sono a conoscenza, ma delle quali non possono usufruire in un mondo nel quale il maschilismo imperante nega alle madri il diritto di pretendere non più figli, ma di più per i propri figli (cfr Robert Engelmann, More: Population, Nature, and What Women Want).

Tutto il dibattito si svolge da una parte sulla vexata questio della redistribuzione della ricchezza e dall'altra sulla necessità del far ripartire la crescita. E' ovvio, almeno per chi scrive, che l'aspetto redistributivo resti un mandato morale delle nostre società opulente, ma non può essere l'unico e, soprattutto, non può essere subordinato alla improbabile ripartenza della crescita. Ho sentito con le mie orecchie un esponente politico di spicco del centrosinistra affermare che "senza crescita non c'è nulla da redistribuire". Come se la crescita del PIL mondiale da 61 miliardi di dollari a 63 mila miliardi di dollari (una crescita del 3%) fosse la condizione necessaria per metter mano a qualsiasi azione di salvataggio. Oggi un mandato morale altrettanto pressante è quello che ci chiede di permettere alle donne dei paesi a più alta natalità di soddisfare le proprie aspirazioni senza sottostare a condizionamenti ideologici e religiosi.

Le tradizioni locali non aiutano? E' arrivato il momento di dire una volta per tutte che non esiste una sola "tradizione" che valga la pena di essere protetta se determina lo sterminio per fame. E' il momento di rimettere nelle mani delle donne il destino riproduttivo della nostra specie, per amore dei figli sapranno fare meglio di noi maschi, ne sono sicuro.

Lo scambio che si deve indurre a livello globale è tanto semplice quanto fuori dall'agenda delle politiche attuali: i paesi ricchi rinuncino alla propria bulimia consumistica che causa il perdurare della razzia colonialista di risorse, e diano ai paesi poveri la possibilità, tecnicamente semplicissima, di regolare la propria natalità.