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Geoingegneria

18 novembre 2009 0 commenti

Ogni tanto un'amica mi manda, molto preoccupata, articoli che pesca qua e là in rete. E ultimamente è riuscita a preoccupare molto anche me con questo bell'articolo che fa il punto su un argomento di cui si comincia a parlare molto, la possibilità di combattere i cambiamenti climatici facendo qualcosa al clima, con le tecniche chiamate in modo altisonante come geoingegneria.

In breve. Visto che il riscaldamento globale avanza, nessuno pensa seriamente di ridurre le emissioni ai livelli che servirebbe (almeno del 50%, meglio del 70-80% rispetto ad oggi), l'anidride carbonica rimane in atmosfera per un secolo almeno e quindi anche se si smettesse subito potrebbe non bastare, perché non cercare di lavorare dall'altro lato della questione riducendo di un pelino la quantità di luce che ci proviene dal Sole? Basterebbe aumentare la quantità di luce riflessa dal suolo e dalle nubi dell'1% per controbattere il riscaldamento dovuto ad un raddoppio della CO2 nell'atmosfera. Insomma, si potrebbe continuare ad inquinare per tutto il ventunesimo secolo senza danni. Della cosa se ne parla anche in un breve editoriale sull'ultimo numero di Le Scienze, e anche John Holdrane, il consigliere scientifico di Obama ha dichiarato a Gennaio di considerare seriamente questa possibilità.



Fino ad oggi ho visto queste idee con scetticismo, si sa che alcuni scienziati sono parecchio pazzi, ma la maggior parte del mondo scientifico mi sembrava consapevole della follia di queste proposte. Di recente, anche grazie a questo articolo, ho dovuto ricredermi.
Che la cosa in teoria funzioni lo sappiamo dalle eruzioni vulcaniche. Una grossa eruzione come quella del Pinatubo del 1991 ha sparso nell'alta atmosfera un bel po' di ceneri e solfati, che hanno leggermente filtrato la luce solare e ridotto la temperatura mondiale di oltre mezzo grado per alcuni anni. Fare altrettanto spargendo composti di zolfo con aerei appositi (no, le scie di condensa, le cosiddette "scie chimiche", non c'entrano, son troppo basse e han l'effetto opposto) costerebbe una cifra, ma centinaia di volte meno che non ridurre le emissioni.



Oppure si potrebbe spruzzare acqua da navi apposite, producendo delle nubi bianche riflettenti, come propone il Copenhagen Consensus, un gruppo di economisti e scienziati diretti da Bjorn Lomborg. O persino mettere in orbita un grosso numero di specchi, per deflettere la luce solare. Altri approcci, come quello di fertilizzare l'oceano con sali di ferro per aumentare la fotosintesi e quindi la cattura di CO2 da parte delle alghe, sono già stati sperimentati e dimostrati poco efficaci.

Ma gli autori del documento ci richiamano rapidamente alla realtà in un capitolo intitolato "Dalla fantascienza ai fatti". Sappiamo ad esempio che le eruzioni vulcaniche abbassano sì la temperatura, ma riducono anche le precipitazioni, in quanto tendono a spostare le piogge sopra gli oceani. Quindi non moriremmo di caldo ma di sete.

In generale non sappiamo assolutamente cosa succederebbe con le misure proposte, il clima è complicato e abbiamo già pasticciato abbastanza con la CO2. Inoltre la geoingegneria è una strada che una volta intrapresa va seguita senza fermarsi. Le contromisure infatti durano pochi anni, e se si smette di colpo (che so, per una grossa crisi economica) la temperatura aumenterebbe altrettanto di colpo, con effetti catastrofici.

Ma il riscaldamento globale non è il solo problema legato alle emissioni. L'anidride carbonica sciolta in acqua è acida e tende a sciogliere le conchiglie ed i coralli. Già oggi l'acidità dei mari sta mettendo a rischio le barriere coralline, e tutta la gente che vive grazie a loro (per non parlare degli ecosistemi). Acque più acide favoriscono la creazione di zone anossiche, cioè con concentrazioni di ossigeno insufficienti a farci vivere i pesci. Naturalmente far nuvole artificiali non risolve questi problemi.

Il fatto che certe cose siano possibili, e potenzialmente non troppo care, crea grossi rischi. Una grossa nazione può decidere di intraprendere misure di geoingegneria. Per avere vantaggi locali, come limitare l'aumento di temperatura sul proprio territorio, a scapito di svantaggi globali. Oppure per motivi politici ("stiamo facendo qualcosa per il clima senza uccidere lo sviluppo"). Grosse compagnie possono essere tentate di vendere crediti di emissione derivati da operazioni di geoingegneria. E comunque di fronte ad una catastrofe planetaria imminente, dovuta a qualche ulteriore decennio di inazione, si può essere davvero disposti a tutto.

E siccome sappiamo ancora molto poco, sia sugli effetti di queste misure che su come regolarne un eventuale uso (anche solo per evitare che comunque qualcuno lo faccia), sarebbe in effetti meglio cominciare a ragionarci. E nel frattempo non cadere nella trappola di pensare ad una soluzione tecnologica del riscaldamento globale, la cosa da fare comunque per evitarlo è tagliare le emissioni.

L'articolo a questo punto però arriva a conclusioni opposte alle mie. Di fronte alla minaccia di superare il tipping point, la situazione in cui i cambiamenti climatici vanno avanti per conto loro, anche la geoingegneria diventa per gli autori un'opzione. Meglio farlo in modo controllato, sapendo cosa si sta facendo grazie ad esperimenti svolti su piccola scala, che improvvisare all'ultimo momento, presi dalla disperazione. Meglio coordinare gli sforzi a livello mondiale che lasciare l'iniziativa al primo che arriva. Meglio studiare e stabilire i limiti di questi metodi, dimostrando che non funzionano, che lasciare la speranza di poterli utilizzare in futuro.

Io francamente continuo ad essere molto più preoccupato di quello che possiamo pasticciare anche solo con qualche esperimento di geoingegneria in grande stile. E ho il forte sospetto che nessun esperimento possa davvero dirci cosa succederebbe in un uso reale di queste tecniche. Infine sono stra-convinto che anche se queste cose non funzionano il solo fatto di prenderle in considerazione giustificherebbe l'inazione sul fronte del controllo delle emissioni.

Ma non sono più così confidente che non ci sia qualcuno abbastanza pazzo da provare davvero a cambiare il clima.