Confronto tra fotovoltaico e biomassa sulla fattibilità energetica su larga scala
di Giulio De Simon (gdesimon@units.it)
Introduzione
Biomassa e fotovoltaico possono essere considerati due forme di sfruttamento dell’energia solare. Di conseguenza, si tratta di due metodi concorrenti sull’impiego della superficie esposta al sole. In questo ambito ci si chiede quale delle due tecnologie sia più vantaggiosa nella produzione di energia elettrica, se confrontate riguardo alla fattibilità su larga scala. La base comune dell’analisi sarà il m2 di terreno impiegato e si calcolerà la quantità di energia elettrica ricavabile con le tecnologie a disposizione. I conti che verranno mostrati serviranno solamente per capire l’ordine di grandezza della sfruttabilità delle risorse in ottica globale, e non una dettagliata analisi di fattibilità.
I dati di partenza
I dati di partenza sono stati ricavati da fonti istituzionali o articoli di riviste specializzate. Di seguito quelli comuni a tutti e due i casi studiati (rif. [1], [2], [3]).
Dati di ingresso generali
superficie suolo italiano 301000 km2
consumi elettrici Italia nel 2005 309816 GWh/anno
insolazione media a Roma 1516 kWh/(m2 anno)
superficie italiana coltivata 43,8 %
- Caso biomassa
Di seguito sono elencati i dati di partenza con cui sono stati eseguiti i calcoli (rif. [4], [5], [6])
Dati di ingresso biomassa
produttività colture energetiche 12,5 tonnellate/(ha anno) secco
contenuto in ceneri 2 % su secco
potere calorifico superiore (PCS) 20 MJ/kg secco netto ceneri
rendimento elettrico impianto (su PCS) 30 %
perdite per coltivazione e trasporto 10 %
Si consideri di impiegare il terreno con biomasse specializzate per massimizzare la produzione di energia. Si tratta quindi di utilizzare colture energetiche dedicate a breve rotazione, come possono essere ad esempio Salix, Populus, Alnus, Eucalyptus o Miscanthus (rif. [4]). Benché esista una gran varietà di biomasse molto diverse tra loro dal punto di vista chimico, il potere calorifico superiore, se riferito all’unità di massa essiccata e al netto delle ceneri, risulta comunque molto omogeneo e pari a 20 MJ/kg± 15% (rif. [5]).
Il dato di rendimento dell’impianto per la produzione elettrica può essere realistico per taglie di grossa potenza. I costi di trasporto però impediscono l’impiego delle biomasse in impianti di tale dimensione, poiché significherebbe dover sostenere lunghi percorsi dai punti di raccolta a quelli di utilizzo. Si consideri quindi il 30% come un valore ottimistico. Le perdite per coltivazione e trasporto riguardano tutti i consumi energetici nella catena di produzione: lavorazione del terreno, semina, fertilizzazione, pesticidi, raccolta e trasporto all’impianto. In letteratura (rif. [6]) sono stati trovati valori nell’intervallo 3,8-33%, variabile a seconda del tipo di coltura. In questa sede si è selezionato un valore intermedio del 10%. Nella tabella seguente sono riportati i risultati ottenuti da semplici calcoli direttamente dai dati.
Risultati biomassa
produttività PCS colture energetiche lorde 6,81 kWh/(m2 anno)
produttività PCS colture energetiche netto perdite 6,13 kWh/(m2 anno)
produttività elettrica 1,84 kWh/(m2 anno)
rendimento sole->PCS 0,40 %
rendimento sole->elettricità 0,12 %
sup. necessaria per soddisfare domanda italiana 168607 km2
quota della superficie italiana richiesta 56 %
quota della superficie coltivata richiesta 128 %
Da notare subito i bassi rendimenti ottenibili già nel passaggio di conversione dall’energia solare al potere calorifico superiore (PCS) della biomassa. Dagli altri dati mostrati si può notare che, nell’ipotesi di voler soddisfare tutta la domanda di energia elettrica italiana, l’attuale superficie coltivata non sarebbe sufficiente.
C’è da tener presente inoltre che gli impianti termoelettrici alimentati a biomassa possono lavorare in cogenerazione, in modo tale che l’energia non convertita in elettricità possa essere sfruttata per soddisfare utenze termiche. Questo recupero però non riuscirebbe a migliorare la fattibilità energetica, visto che il passaggio limitante dell’intero processo si trova nella conversione da energia solare a energia chimica della biomassa.
Caso fotovoltaico
Di seguito sono elencati i dati di partenza usati nei calcoli.
Dati di ingresso fotovolatico
produttività annua impianto nuovo nel centro Italia 160 kWh/(m2 anno)
massimo decadimento annuo produttività garantito dai produttori di pannelli 0,8 %/anno
durata impianto minima 30 anni
punto di ritorno energetico pannelli 4 anni
Il decadimento annuo della produttività è quello garantito dai produttori (es. rif. [8]). Si tratta di valori cautelativi perché la durata dell’impianto è molto alta e, trattandosi di tecnologia relativamente giovane, non ci sono molti dati a disposizione sul comportamento a fine vita. Gli impianti che hanno raggiunto durate superiori ai 25 anni hanno comunque dimostrato decadimenti ben inferiori (meno del 4% in 20 anni, rif. [12]). Si è ipotizzato inoltre un decadimento lineare tra inizio e fine vita. Il punto di ritorno energetico rappresenta il numero di anni necessario per recuperare tutta l’energia spesa per la produzione dei componenti dell’impianto. Anche questo è un dato cautelativo valido per le tecnologie consolidate: miglioramenti del rendimento di cella, riduzione degli spessori di cella e miglioramenti nel processo produttivo sono già in corso, e tale valore è stato ridotto sensibilmente.
Di seguito i risultati della trattazione.
Risultati fotovoltaico
produttività media nella vita utile 140,8 kWh/(m2 anno)
produzione totale nella vita utile 4224 kWh/m2
consumo per produzione impianto 630 kWh/m2
produzione totale netta nella vita utile 3594 kWh/m2
produttività annua netta 119,8 kWh/(m2 anno)
rendimento sole->elettricità diretta 7,9 %
sup. necessaria per soddisfare domanda italiana 2586 km2
quota superficie italiana richiesta 0,86 %
Come si può facilmente notare, la superficie necessaria risulta enormemente ridotta rispetto a quella calcolata per le biomasse. C’è da tener presente che nella comparazione non si è tenuto conto del fatto che l’energia delle biomasse è una forma accumulata e quindi disponibile in tempi diversi da quella della produzione, mentre quella del fotovoltaico è a flusso e necessita di essere consumata contemporaneamente alla produzione. A breve termine si può sfruttare l’integrazione con altre fonti di energia elettrica (es. termoelettrico) che riescono a coprire i periodi di non corrispondenza tra domanda e offerta dell’elettricità da fotovoltaico. Sta di fatto che nell’ottica di impiego di massa bisogna tener conto che sono necessari impianti di accumulo e deaccumulo con relative perdite nel processo complessivo. Sempre allo scopo di valutare gli ordini di grandezza, nella tabella seguente sono stati rieseguiti i calcoli, nell’ipotesi estrema di accumulare e poi deaccumulare il 100% dell’energia prodotta dal fotovoltaico con gli impianti di pompaggio idroelettrici (80% di rendimento di pompaggio nel bacino, 80% di rendimento di conversione in turbina, rif. [11]). Nella realtà, anche se si producesse tutta l’elettricità con il fotovoltaico, solo una quota dell’energia prodotta necessiterebbe di accumulo e deaccumulo. Di seguito sono mostrati i dati di ingresso e i risultati dei
calcoli.
Risultati fotovoltaico con accumulo/deaccumulo
energia lorda accumulata/deaccumulata 119,8 kWh/(m2 anno)
produzione annua con accumulo/deacumulo 76,7 kWh/(m2 anno)
rendimento sole->elettricità con accumulo/deaccumulo 5,1 %
sup. necessaria per soddisfare domanda italiana 4041 km2
quota della superficie italiana 1,34 %
Pur trattandosi di un caso limite con conseguente sensibile riduzione di rendimento, la superficie necessaria risulta ancora accettabile rispetto al totale del suolo nazionale.
Considerazioni energetiche finali
Nel confronto tra fotovoltaico e biomassa si ottengono i seguenti dati di produttività:
fotovoltaico 119,8 kWh/(m2 anno)
biomassa 1,84 kWh/(m2 anno)
Risulta quindi che il fotovoltaico è superiore alla biomassa di un fattore 65. Tenendo conto che la biomassa ha il vantaggio di essere una forma accumulata, il caso limite in cui tutta l’energia prodotta dal fotovoltaico debba essere prima accumulata e poi deaccumulata, la produttività si ridurrebbe a 76,7 kWh/(m2 anno) ed il fattore si ridurrebbe a 42, ancora comunque enormemente alto La spiegazione di questo consistente divario si trova analizzando i passaggi dei due processi.
Nel caso del fotovoltaico si ha un unico passaggio, mentre nel caso della biomassa si hanno diversi passaggi il cui limitante è il primo. Questo, legato alla fotosintesi, è un processo molto inefficiente: nel caso analizzato il 99,6% dell’energia proveniente dal sole viene persa nella prima conversione, permettendo al solo 0,4% di trasformarsi in potere calorifico della biomassa. Ciò porta alla conclusione che, mentre il fotovoltaico parte con un netto vantaggio ed esistono ancora margini di miglioramento (soprattutto riguardo all’ammortamento energetico), la biomassa risulta un metodo di conversione inefficiente e i margini di miglioramento saranno pochi, visto che il passaggio limitante è la fotosintesi. Per questo motivo la biomassa non potrà essere considerata una fonte sostitutiva dei combustibili fossili, visto che già le ottimizzate colture energetiche richiedono superfici enormi. Restano comunque ancora gli impieghi di nicchia delle biomasse di scarto da altre produzioni agricole o industriali, soprattutto quando si tratta di materiale il cui smaltimento rappresenti un costo sia energetico che economico. Analogamente, gli stessi discorsi si applicano anche alla produzione di combustibili da biomassa per autotrazione (biocombustibili), visto che anche questa applicazione dipende dalla fotosintesi.
Considerazioni ambientali
Gli impatti ambientali del fotovoltaico restano confinati al processo produttivo (non analizzato in questa sede, ma comunque da approfondire). Una volta installato, esso possiede tutti i vantaggi che si può desiderare da un impianto che lo rende installabile in qualunque luogo. I vantaggi principali sono:
● massima silenziosità
● nessuna emissione gassosa, liquida o solida, né inquinante, né tossica
● nessuna parte in movimento
● unico pericolo per le persone è la presenza di corrente elettrica
● affidabilità
● impiego di superfici già utilizzate (tetti degli edifici)
Nel caso dell’impiego energetico delle biomasse si hanno gli stessi problemi legati ai classici
impianti industriali:
● rumorosità
● emissioni atmosferiche di particolato, NOx, SOx, ecc.
● produzione di ceneri da smaltire
● produzione di acqua da trattare nel caso di pulizia umida dei fumi
● diverse parti in movimento e presenza di combustione (pericolo per gli operatori)
● si aggiungono tutti gli impatti legati alla coltivazione agricola (movimentazione macchine
agricole per lavorazione e trasporto, fertilizzazione, diserbo, pesticidi, …)
● impatto ambientale legato all’utilizzo di terreno (impoverimento del terreno per
l’asportazione di sostanza organica e conseguente contributo alla desertificazione)
Considerazioni economiche e gestionali
Le considerazioni economiche e gestionali richiedono una trattazione approfondita a parte. Segue quindi solo un’analisi qualitativa generale. Per quanto riguarda l’impiego del terreno, si è già accennato al fatto che il fotovoltaico viene installato su superfici comunque perse e inutilizzate che sono i tetti degli edifici. Nel caso della biomassa, invece, si entra in concorrenza con i terreni dedicati all’agricoltura che hanno comunque un gran pregio, poiché soddisfano la richiesta alimentare. Una diffusione su larga scala delle colture energetiche non farebbe altro che aumentare il costo dei terreni agricoli, limitare la produzione alimentare e quindi aumentarne il costo.
Per quanto riguarda i costi di gestione e manutenzione, per il fotovoltaico, come si è accennato, essi sono quasi inesistenti per l’estrema costanza, affidabilità e non necessità di operatori per il suo funzionamento; nel caso degli impianti a biomassa si hanno i soliti costi di gestione e manutenzione e i rischi legati agli impianti industriali classici. Il fotovoltaico rimane ancora fortemente penalizzato se vengono considerati i costi in capitale investito. Esistono comunque diversi studi e ricerche che mirano a ridurre la quantità di silicio necessario per metro quadrato di pannello e ci sono ancora margini di riduzione. Il costo di investimento e la difficoltà di accumulo dell’energia prodotta sono gli unici difetti degli impianti fotovoltaici. Su questi bisogna concentrarsi per consentire una diffusione su larga scala di questa tecnologia.
Riferimenti
[1] http://www.terna.it/ita/statistiche/datistatistici05.asp
[2] http://erg7118.casaccia.enea.it/Pagine/TabelleRadiazione.htm
[3] http://www.minambiente.it/st/Ministero.aspx?doc=pubblico/tutela/chm/ita/agricola/agricola.xml
[4] http://www.ieabioenergy.com/LibItem.aspx?id=179
[5] P. Quaak, H. Knocf, H. Stassen, Energy from biomass, World bank technical paper No. 422
(1999)
[6] “Energy analysis of biomass production and transportation”, Biomass and bioenergy, Vol. 11,
No. 4, pp 305-318 (1996)
[7] http://www.enea.it/com/web/pubblicazioni/Op22.pdf
[8] http://www.kyocerasolar.de/prod.html
[9] http://www.enea.it/com/web/pubblicazioni/opuscoli.html
[10] http://www.seia.org/mythsandfacts.php
[11] http://www.ilsolea360gradi.it/2003/dicembre2003.htm
[12] Performance of old PV modules, (http://www.elforsk.se/publish/show_report.phtml?id=712)
L’articolo è stato pubblicato originariamente su www.aspoitalia.net, Febbraio 2007