Boschi contro i mutamenti climatici: assorbono CO2 e preservano la biodiversità
I boschi forniscono un’ampia serie di servizi ambientali, che vanno dalla stabilizzazione del suolo, alla regolazione del deflusso idrico, fino alle attività ricreative. Ma soprattutto i sistemi forestali svolgono un ruolo di primo piano nella lotta alle principali minacce ambientali dei nostri giorni: la perdita di diversità biologica e il cambiamento climatico. La maggior parte del patrimonio di biodiversità di tutti gli ecosistemi terrestri è custodito dai boschi, che a loro volta racchiudono una quantità di carbonio pari a oltre una volta e mezza quella immagazzinata nell’atmosfera.
Nonostante ciò, questi ecosistemi continuano a subire gli impatti negativi delle attività umane, vedendo diminuire ogni anno che passa la loro capacità di svolgere quelle funzioni che sono alla base del nostro benessere. Secondo la FAO ogni anno scompaiono dalla faccia della terra complessivamente oltre 7 miliardi di ettari di superficie forestale. Allo stesso tempo, deforestazione e degrado dei sistemi forestali sono i principali responsabili della seconda fonte di emissioni antropogeniche dopo i combustibili fossili: i cambiamenti nell’suo del suolo producono da soli tra il 15 e il 20% delle emissioni globali di gas serra.
La lotta la cambiamento climatico e alla perdita di biodiversità non può che passare attraverso la tutela e la corretta gestione di questi ecosistemi, che si declinano però in modo differente a seconda dei contesti in cui si intende operare. Secondo il quarto rapporto dell’IPCC, se a livello globale la lotta alla deforestazione e l’afforestazione contribuiscono per oltre il 60% al potenziale di mitigazione dei boschi, nei paesi industrializzati e in Europa in particolare il contributo principale è attribuibile alle azioni di gestione forestale, ossia di cura e manutenzione del patrimonio esistente.
L’incapacità del mercato di attribuire un prezzo ai servizi svolti dai boschi è il principale determinate del loro degrado, come della gran parte dei problemi ambientali odierni. Da alcuni anni si stanno sviluppando diverse iniziative a livello internazionale secondo l’approccio del “payments for ecosystem services”, di cui il progetto REDD (“Reducing Emissions from Deforestation and Forest Degradation in Developing Countries”) promosso dal programma ambiente delle Nazioni unite è l’esempio più autorevole. In sostanza, attraverso strumenti molteplici, si cerca di attribuire un prezzo a funzioni ambientali non quotate dall’attuale sistema di mercato. In particolare, per quanto riguarda gli assorbimenti di CO2 da parte dei sistemi forestali, è andato assumendo un peso crescente il mercato dei crediti volontari, particolarmente sviluppato oltre Atlantico. Attraverso questo strumento è stato possibile incanalare dei flussi finanziari che, su base assolutamente volontaria, dai privati arrivassero a finanziare iniziative orientate all’aumento degli assorbimenti forestali di carbonio.
Tradizionalmente, per una serie di motivi anche di opportunità, questo tipo di iniziative si è concentrato su progetti di afforestazione/riforestazione nei paesi in via di sviluppo. Ciò ha lasciato quasi inesplorate le opportunità legate agli assorbimenti derivanti da un miglioramento della gestione forestale interna. L’Italia possiede un patrimonio forestale che si estende per circa un terzo della superficie nazionale e che, nell’ambito del Protocollo di Kyoto, è già oggi responsabile ogni anno dell’assorbimento di 80-100 milioni di t di CO2. Di queste circa 10 milioni possono essere rendicontate contribuendo al raggiungimento dell’obiettivo nazionale di Kyoto, e generando un risparmio stimato dal Corpo Forestale dello Stato in circa 1 miliardo di euro. Tuttavia questo risultato è ben lungi dal potenziale di mitigazione di una gestione forestale sostenibile del patrimonio forestale nazionale.
A fine settembre il Centro Innovazione Sostenibilità Ambientale ha presentato un progetto avanzato per la generazione di crediti di carbonio da assorbimenti forestali (www.centrocisa.it). Il progetto, sviluppato per i comuni montani dell’Appennino della provincia di Bologna, integra il modello utilizzato dall’Italia nella rendicontazione per il protocollo di Kyoto con i Sistemi informativi geografici. Il risultato è uno strumento in grado di stimare a livello di singola particella catastale gli assorbimenti aggiuntivi di CO2 derivanti da una variazione della forma di gestione forestale, che prevede in sostanza l’avviamento ad alto fusto dei cedui non utilizzati e invecchiati. L’estensione di un simile approccio, con la creazione di un mercato regionale , avrebbe un potenziale di mitigazione di diverse centinaia di migliaia di tonnellate di CO2 ogni anno. Questo risultato deriva dal fatto che oltre un quarto della superficie forestale regionale è composto da cedui maturi/invecchiati, e quindi vocati ad essere avviati ad alto fusto, e che l’approccio sviluppato consente di coinvolgere non solo la proprietà pubblica ma anche quella privata, che interessa quasi il 90% di questa tipologia forestale. Anche i boschi possono fare molto per ridurre i gas serra, ma c’è molto da fare!
(si ringrazia Andrea Barbabella)