Aspettando Obama…..
La Commissione europea ha bloccato dal 19 marzo la restituzione dei “permessi ad emettere CO2” dai 10.500 impianti delle aziende vincolate dal sistema di emission trading europeo, regolato dalla Direttiva 87/2003. La clamorosa decisione è stata dettata dal panico scatenatosi venerdì scorso sul mercato Europeo per l’immissione di Certificati di Riduzione delle Emissioni (CER) (crediti certificati provenienti da progetti di Clean Development Mechanism (CDM) previsti dal Protocollo di Kyoto e “spedibili” dalle aziende in quota parte anche nel sistema EU-ETS), già usati da parte dell’Ungheria. Venerdì numerose piattaforme europee di scambio avevano interrotto le contrattazioni dei CER, visto che il governo ungherese ha confermato la immissione sul mercato di 2 milioni di CER usati (sostanzialmente venduti due volte) attraverso BlueNext. Bruxelles è corsa ai ripari immediatamente con un emendamento all’articolo 53 del regolamento sui registri per lo scambio delle “quote di emissioni”, messo a punto nella riunione del Comitato per i Cambiamenti Climatici, che impedisce ai CER già utilizzati di tornare nel sistema ETS. Seppur la questione sia già stata risolta da un punto di vista formale con l’emendamento, resta la necessità di far fronte in modo credibile alle incertezze createsi sul mercato. Poiché, tale emendamento entrerà in vigore da agosto 2010, la Commissione europea è stata costretta a bloccare la restituzione dei permessi ERU e CER sul registro comunitario Community Independent Transaction Log (CITL). La situazione è comunque complicata poiché le aziende vincolate alla Direttiva 87/2003 debbono, per essere in linea con la norma, restituire le quote delle emissioni 2009 entro il 30 aprile 2010. A tal proposito pertanto la Commissione prevede di riaprire il CITL per consentire tale restituzione dal 19 aprile al primo maggio. Adesso, sarà importante vedere cosa farà sul fronte energia l’Amministrazione americana. Obama, mentre si gode la storica vittoria alla Camera con l’approvazione della nuova legge sulla sanità, avrà tempo di dedicarsi all’altra grande promessa, già incardinata nell’agenda politica del Campidoglio di Washington: l’energy bill. La legge sull’energia, che potrebbe essere approvata entro l’estate, avvicinerebbe gli Stati Uniti all’Europa e alla “galassia Kyoto”, per il periodo post 2012, pur restando fuori dal famoso Protocollo del 1997. Con la nuova norma, tra l’altro, gli americani adotterebbero un sistema misto di “cap and trade” delle emissioni di gas serra simile all’Ets in vigore in Europa ma sembra limitato al solo sistema delle utilities elettriche, a cui si affiancherebbe una sorta di carbon tax (tassazione già adottata da Sarkozy in Francia nel luglio scorso) sui carburanti. A questi due elementi si aggiungerebbe un sistema di scambio delle quote di emissione, forse simile a quelli già esistenti sui mercati volontari della CO2 per spingere il sistema delle industrie nel suo complesso a ridurre le emissioni di gas serra. All’energy bill stanno lavorando per il Peresidente Obama i senatori democratici John Kerry e Joe Lieberman, assieme al repubblica Lindsey Graham. Questo sistema molto complesso avrebbe il pregio di bilanciare l’eccessivo approccio “finanziario” dei soli sistemi di trading come quello Europeo che da solo stenta ad affermarsi ed essere accettato, sebbene sia uno strumento virtuoso per ridurre, assieme ai sistemi volontari, le emissioni di gas serra dei settori industriali e non. Un alleato del presidente Obama per una soluzione positiva sull’energy bill potrebbe essere lo spauracchio della Cina, molto attiva almeno nei proclami nella lotta ai mutamenti climatici. Su tale fronte Pechino sembra stia valutando l’adozione di un sistema di riduzione delle emissioni di gas serra volontario creando attorno alla tonnellata di CO2 ridotta un meccanismo di mercato. Anche se per il momento il “carbon market” si mantiene fiacco, con volumi di scambio bassi, a causa del problema verificatosi sui CER e delle frodi IVA sulle transazioni estere verificatesi qualche mese fa in alcuni paesi UE. Tuttavia, le quotazioni di questa “commodity energetica” (la CO2, un rifiuto gassoso, che prima del Protocollo di Kyoto non valeva niente), oggi si orientano in termini di prezzo di mercato, anche seguendo i fondamentali di petrolio e gas, creano innovazione tecnologica e spinge ad atteggiamenti virtuosi. Ad esempio, questa settimana una tonnellata di CO2 eliminata e resa cedola con il sistema ETS, sottoforma di unità di emissioni allocata EUA, vale circa 13,2 €. Se anche gli Stati Uniti creeranno un sistema simile di commercio delle emissioni, che si affiancherà anche agli strumenti del mercato volontario già esistenti soprattutto nel mondo anglosassone, vi sarà un ulteriore stimolo economico alla riduzione delle emissioni di gas serra. E se arrivano la Cina e gli Stati Uniti il mercato delle riduzioni di emissioni di gas serra potrebbe davvero diventare un volano interessante.
Aldo Iacomelli