Morbillivirus nei cetacei: un piano operativo firmato ISPRA
Una vera e propria task force internazionale, una rete operativa sul territorio che non solo monitori costantemente la situazione, ma che agisca in caso di spiaggiamenti e delle linee guida che stabiliscano come procedere in caso di epidemia.
E’ compito dell’ ISPRA realizzare il piano operativo da attivare per fronteggiare l’ emergenza Morbillivirus, tornato a colpire nel 2007 in Spagna e in Francia ( 60 spiaggiamenti), a distanza di 16 anni dalla strage del 1992 che provocò la riduzione della popolazione delle Stenelle ( il 50% della specie). In Italia, sono stati segnalati alcuni casi ( solo uno accertato) nel Golfo dell’Asinara e nelle coste liguri.
Si tratta di un virus letale che nei mammiferi marini induce la comparsa di gravi lesioni a livello polmonare, encefalico e dei tessuti linfatici, portando nella maggioranza dei casi alla morte. Negli ultimi 20 anni sono state ben 8 le epidemie da Morbillivirus che, in varie parti del Pianeta, hanno posto in serio pericolo lo status di conservazione di alcune specie. Le più colpite sono state, oltre alla Stenella Striata nel Mediterraneo, il Delfino comune nel Mar Nero, il Tursiope in Florida e nel Golfo del Messico e varie specie di foche nel Nord Europa, nel lago Bajkal e nel Mar Caspio.
A provocare queste malattia nei cetacei, è ormai confermato, l’inquinamento marino e in particolare da PCB e altri organoclorurati. Questi, sono composti che abbassano drasticamente il sistema immunitario rendendo i cetacei molto vulnerabili alle infezioni virali e non solo. E’ quindi un link dimostrato: dove si rileva la presenza del Morbillivirus si riscontrano anche elevati livelli di PCB e altri organoclorurati.
“Tutt’oggi il Mediterraneo- spiega Giancarlo Lauriano, responsabile del progetto per ISPRA – è uno dei mari più contaminati da composti xeno biotici. Quindi, premesso che non si possono fare previsioni, il rischio che nel bacino si estenda il pericolo di una nuova epidemia esiste realmente.”
Il piano operativo realizzato dall’ISPRA, di concerto con il Ministero dell’Ambiente ( che ha finanziato il progetto) e della Sanità, si avvarrà di strutture operative quali le Capitanerie di Porto e, in caso di ritrovamenti importanti, anche la Protezione civile. “Ci sono due aspetti da tutelare in caso di spiaggiamento – spiega ancora Lauriano – quello scientifico (la necessità di effettuare immediatamente le analisi per rilevare l’eventuale presenza di contaminanti ambientali e verificare quindi la causa della morte) e quello sanitario, che consiste nella metodologia più opportuna da utilizzare per rimuovere il corpo, soprattutto se ci si trova in spiagge frequentate da bagnanti. Bisogna quindi capire come intervenire, ma il tutto si complica quando gli animali ritrovati sono ancora vivi, visto che l’alta aggressività del virus spesso non lascia molte speranze di sopravvivenza per i cetacei”.
Gli esperti rassicurano, non esiste alcun pericolo di contagio per gli esseri umani. “Non c’è nessuna probabilità che il virus si trasmetta all’uomo – spiega Giovanni Di Guardo, Professore Associato alla facoltà di Veterinaria dell’Università di Teramo – Nonostante questo, però , non bisogna dimenticare che un mammifero con un’infezione sostenuta da Morbillivirus, è pur sempre un’animale in preda ad un’infezione sistemica che coinvolge anche gli organi vitali. Tale coinvolgimento provoca, come conseguenza, un’alterazione più o meno grave del sistema immunitario; un po’ come se un uomo fosse colpito da AIDS. E’ dunque un animale da osservare con attenzione non in relazione al Morbillivirus vero e proprio, ma per l’eventuale capacità di trasmissione all’uomo di agenti infettivi di natura secondaria”.