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Quando l’inquinamento è di casa

16 dicembre 2009 0 commenti

Aria poco sana anche tra le mura domestiche. Ne sono convinti gli abitanti di due municipi romani             ( V e III ),  oggetto  dello studio ISPRA  “Indagine sulla percezione della qualità dell’aria negli ambienti confinati”.

foto di Franco Iozzoli

foto di Franco Iozzoli

I risultati della ricerca indicano cittadini sempre più consapevoli di questo tipo di pericolo: sul 76% di risposte valide, infatti, il 58,2% ne ha una percezione alta o medio/alta. Un romano su cinque (il 20,4% degli intervistati) è poco o per niente sicuro dal punto di vista della propria salute e della qualità dell’aria nella propria casa, mentre il 33,3% crede che l’aria della propria abitazione possa essere inquinata. Per il 77,6% degli intervistati, inoltre, la principale fonte di avvelenamento dell’aria nelle proprie case è rappresentata dagli insetticidi, seguiti dal fumo di tabacco (77,5%), dalle vernici (38%) e dai prodotti per la pulizia (34%). Importanti anche l’età e il tipo di edifici in cui si vive: la maggior parte dei “poco” sicuri (24,1%), sono coloro che abitano in fabbricati costruiti nel periodo 1946-1960, mentre si collocano sopra al valore medio (18,4%) quelli che risiedono in stabili costruiti prima del 1919 (20,9%). Si dichiara invece molto o abbastanza sicuro per la salute, il 100% delle persone che vivono in palazzi realizzati dopo il 1991. Ancora, la qualità dell’aria è dichiarata “cattiva” da quasi il 40% di chi giudica “mediocre” lo stato di conservazione della propria casa, il doppio rispetto a quanti valutano lo stato di conservazione “buono” e più del doppio di chi, invece, lo ritiene “ottimo”. Chi risiede in edifici non isolati, propri delle moderne aree urbane, si sente meno sicuro di chi abita in palazzine: il 15,6% di questi, infatti, reputa “cattiva” la qualità dell’aria, mentre più di un quarto di coloro che abitano in edifici urbani fornisce la medesima valutazione negativa ma in percentuale incrementata (25,3%). La percezione del rischio da inquinamento indoor non cambia in relazione al sesso, ma all’occupazione e al livello A giocare un ruolo determinante nella percezione del rischio la condizione economica chi è a “reddito fisso” si è rivelato meno disponibile e sensibile ad azioni contro l’inquinamento indoor rispetto ai lavoratori autonomi e a coloro che hanno un elevato titolo di studio. Lo stesso vale per le casalinghe che dovrebbero essere più sensibili all’inquinamento in ambienti confinati, ma che, a sorpresa, si collocano in un’area abbastanza anonimo-media. Evidentemente, nella vita quotidiana, sono anch’esse condizionate dalla difficoltà di arrivare con il reddito familiare alla “quarta settimana” e le spese contro l’inquinamento non sono poi considerate così urgenti.