Ambiente urbano: le città crescono di 100 ettari al giorno, ma si spreca meno acqua
Sembrano buone le misure di razionalizzazione dell’acqua adottate nei principali centri italiani. Nelle 48 città prese in esame dall’Ispra, nel Rapporto sulla Qualità dell’Ambiente Urbano 2011, i consumi di acqua potabile calano dell’11%. Nel 2009 sono Prato (44,4 m3 /ab), Sassari (46,8 m3/ab) e Foggia (48,1 m3/ab), le città che hanno risparmiato di più mentre la maglia nera degli sprechi la vincono Monza (93,6 m3/ab), Pescara (90,3 m3/ab), Milano (85,8 m3/ab) e Roma (85,5 m3/ab). Si riducono anche le perdite nelle reti che, in media, dal 31% passano al 29%; in termini di ambiti territoriali ottimali (ATO), tra le ultime 14 città inserite nello studio la Sardegna, che spreca oltre il 45 % dell’acqua immessa nelle reti idriche, è il tallone d’Achille delle perdite nel 2008, poco distante da Siracusa, con 45,3%. L’ATO Forlì–Cesena si conferma anche quest’anno l’ambito territoriale con il valore più basso di perdite di reti (17,8%). Molto buona, invece, la percentuale di acque reflue depurate che, nelle 49 città, risulta maggiore del 90% (in 28 arriva al 100%), anche se ne restano ancora 7 che non arrivano al 70%. Anche se la situazione rimane alquanto complicata, dallo studio Ispra il Belpaese sembra perdere meno acqua degli anni passati, a fronte di una incredibile crescita di estensione delle città e del relativo consumo di suolo. Le aree urbane in Italia continuano a divorare il suolo al ritmo di 100 ettari al giorno: tra il 1999 e il 2006 si è costruito ogni anno per un’estensione equivalente a 3 volte la superficie di Napoli. Molte città hanno aumentato la propria estensione diminuendo la densità abitativa: è successo, ad esempio, a Roma, passata da un’intensità d’uso di 109,5 abitanti per ettaro di suolo consumato a una di 80 abitanti per ettaro, tra il 1990 e il 2008. A livello nazionale, l’intensità d’uso è scesa dai 35,6 ab/ha del 1994 ai 30,9 del 2006. Si acuisce il fenomeno dell’impermeabilizzazione (soil sealing): dal 1994 al 2006, infatti, la copertura delle superfici urbane con materiali impermeabili è passata da 281 a 323 metri quadri per abitante, contribuendo ad inibire ancora di più le funzioni vitali proprie del suolo.