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L’argentina a Detroit

29 aprile 2009 0 commenti

r186287_694270Chissà perché, ma per il momento la storia non convince: il Wall Street Journal pubblica la notizia dell’accordo secondo cui la Chrysler potrebbe avviarsi ad un assetto proprietario che vedrebbe Fiat al 35%, il governo ed i sindacati al 10% ed il sindacato (la United Auto Workers union) addirittura al 55%.
Anche i commentatori italiani, per ora, “fanno i vaghi” e nessuno si azzarda  a parlare di “sacrilegi & altre nefandezze innominabili” come potrebbe essere essere, chessò, l’autogestione… (in questo caso si potrebbe dire addirittura “auto” - gestione!).

Chissà perché, invece, tutti i commenti sono su FIAT, sulle possibilità di questo leader mondiale nell’utilizzo delle provvidenze pubbliche (almeno in Italia le hanno utilizzate tutte con dovizia, inventandone anche di inedite e accumulando un’esperienza ed un know how difficilmente eguagliabili), su cosa farà l’uomo senza cravatta più amato del momento, ecc. ecc.

Forse perché la proprietà dei giornali è più spesso in mano ai produttori di automobili che ai sindacati? Può darsi, o forse perché il modello che si verrebbe a creare ha ben poche somiglianze con quanto si pratica e si teorizza  nella terra dei gauchos e di cui già ci siamo occupati qualche tempo fa

Eppure… qualcosa di interessante potrebbe anche accadere: almeno si potrebbe cominciare a parlare di modelli differenti di gestione dei mezzi di produzione, magari facendo qualche passo avanti, come per esempio il coinvolgimento dei cittadini e dei consumatori.

Cosa potrebbe accadere se una fabbrica fosse di proprietà sia di chi ci lavora, sia di chi compra i prodotti? Magari ci si potrebbe mettere d’accordo su quali e quante automobili produrre… se poi ci fossero anche i cittadini che abitano vicino alla fabbrica forse il tema delle emissioni inquinanti e in generale delle esternalità negative connesse alla produzione potrebbero essere trattati diversamente, no?
A parer mio potrebbero anche continuare ad essere presenti altri investitori “industriali”, magari (come nel caso di specie) con quote rilevanti ma minoritarie: che si prendano pure un (bel) po’ di utili o di altri vantaggi, ma a che titolo farli continuare ad essere gli unici decisori?
E se li costringesse almeno a “trattare” con tutti gli altri soggetti interessati?

Tra questi senz’altro ci sono i finanziatori (leggasi banche), ma anche qui si potrebbero rivedere alcuni punti: perché io lavoratore di una fabbrica dovrei mettere i miei soldi in una banca che poi li investe nella mia fabbrica? Se fossi socio (“padrone”!!, pur con molti limiti, ossia insieme tanti altri) della fabbrica potrei investirvi direttamente i miei risparmi, no? Magari qualche margine di intermediazione si ridurrebbe: è il mercato, bellezza!
Ma non andiamo troppo in là… per ora ci si potrebbe limitare a rilevare che anche la presenza dello “stato” potrebbe avere decisamente senso, se questo stato (in Italia viene spontaneo commentare “Se solo in fossimo ridotti in “questo stato” …”) si occupasse di fare da arbitro e garante del rispetto della legge, delle posizioni di tutti (comprese le banche, siamo generosi!!) e magari anche dell’etica.

Avevo appena detto che non bisognava esagerare e invece ci sono cascato di nuovo! Vedremo l’evoluzione della situazione e soprattutto i commenti (se ce ne saranno).