Finanziare la stazione del sole
di Pitagora (da Sbilanciamoci.info del 16 Novembre 2009)
Lo stato in cui si trova il pianeta è tale da rendere ormai indispensabile la realizzazione di politiche economiche rispettose dell’ambiente. Sebbene la scala dell’obiettivo sia evidentemente mondiale, le azioni non possono che essere rimesse all’iniziativa dei Governi nazionali.
Sul piano settoriale, la politica energetica è il primo argomento che deve essere rimodellato, con l’obiettivo di sostituire i combustibili fossili, prima causa dell’immissione di anidride carbonica nell’atmosfera e del conseguente effetto serra, con forme pulite di generazione di energia elettrica attraverso impianti idroelettrici, eolici, geotermici, fotovoltaici; questi ultimi, utilizzando una tecnologia giovane, si trovano nello stadio iniziale del loro ciclo di vita economico.
In un sistema di mercato, l’abbandono dei combustibili fossili avviene se è garantita la convenienza economica degli investimenti in altre tecnologie da parte degli operatori; per favorire gli investimenti lo stato può emanare politiche fiscali ad hoc, dare incentivi o creare disincentivi, avviare iniziative dirette. Agli attuali prezzi di mercato dell’energia e dei pannelli solari nonché con i rendimenti attuali, gli investimenti nel fotovoltaico si ripagano in circa trent’anni, la durata media presunta degli impianti; per avere un rendimento apprezzabile da parte degli operatori, il prezzo dei pannelli dovrebbe dimezzarsi ovvero il loro rendimento raddoppiare (vedi tabella su sbilanciamoci.info)
Il progresso tecnico è molto veloce: il costo di produzione dei pannelli, l’elemento base per la produzione di energia fotovoltaica, è diminuito a ritmi molto elevati negli ultimi anni: secondo Arturo Lorenzoni dell’università di Padova, il costo del materiale necessario per un impianto di un Kwp (kilowatt picco) è diminuito nell’ultimo triennio da 7.000 a 4.000 euro e non pare irrealistica l’ipotesi che, per i grandi impianti, il prezzo di installazione arrivi fra qualche anno a soli 1.000 euro. Secondo altri studi, ad esempio dell’università di Toronto, lo sviluppo della nanotecnologie con materiale plastico, potrebbe portare ad un aumento delle prestazioni dei pannelli di 5 volte. Si tratta di previsioni che trovano un ampio consenso internazionale e, se realizzate, renderebbero del tutto obsolete, anche dal punto di vista microeconomico, le tradizionali tecnologie termoelettriche e, a maggior ragione, quelle nucleari.
Sul piano macroeconomico, gli investimenti in centrali fotovoltaiche sono già ora convenienti, consentendo la sostituzione, tra i fattori produttivi, di materie prime inquinanti ed importate con lavoro. In una fase di ampia e crescente disoccupazione, il “costo macroecononico” della produzione di energia elettrica mediante tecnologia fotovoltaica è sostanzialmente nullo mentre quello delle tecnologie tradizionali termoelettriche è pari al costo della materia prima bruciata; inoltre favorisce il riequilibrio della bilancia delle partite correnti, quando deficitaria (è il caso del nostro Paese). In una fase di veloce progresso delle tecnologie fotovoltaiche, una politica industriale lungimirante di un paese industrialmente avanzato, dovrebbe favorire il consolidamento di questo settore industriale in modo da disporre di un patrimonio di conoscenze, esperienze, personale qualificato, allorquando la discesa dei prezzi renderà il solare economicamente competitivo anche a livello microeconomico.
In Europa, i tedeschi, all’avanguardia nel mondo nella produzione di energia fotovoltaica, stanno progettando enormi investimenti nei paesi del Sahara per la costruzione di diverse centrali interconnesse, collegate ai paesi europei in modo sicuro attraverso complesse reti di trasmissione. Si tratta di un progetto che a regime, dovrebbe assicurare una quota consistente del consumo di energia elettrica dell’intero continente. Un elemento di grande importanza nella scelta della localizzazione degli impianti fotovoltaici, soprattutto nel nostro Paese, ricco di bellezze naturali ed artistiche attiene gli aspetti architettonici e paesaggistici. I tetti degli edifici sono i luoghi più immediatamente deputati ad essere utilizzati per installare i pannelli solari: in Vaticano, ne è ricoperta la sala delle udienze Paolo VI dell‘architetto Nervi, a Parma i tetti della fiera.
Le pensiline delle stazioni ferroviarie sono luoghi ideali, finora mai utilizzati, per installare pannelli fotovoltaici, sia dal punto di vista architettonico, sia da quello produttivo; si tratta di spazi relativamente limitati se presi singolarmente, ma molto estesi se considerati unitariamente; sono anche relativamente concentrati nelle principali stazioni ferroviarie e garantiscono impianti di una certa dimensione. Un progetto industriale equilibrato potrebbe prevedere la copertura delle pensiline, a partire dalle principali stazioni, ad esempio da quella di maggiori dimensioni (Roma Termini) per poi estendere progressivamente l’installazione alle altre stazioni, in primis al sud. Con il progredire della tecnologia e della riduzione dei costi di impianto, l’estensione della superficie coperta da pannelli potrebbe progressivamente aumentare. Nella tabella allegata è stato sviluppato un piano finanziario di durata trentennale per la copertura della maggior parte delle pensiline ferroviarie italiane (circa 690 ettari); le ipotesi sottostanti all’esercizio sono conservative rispetto alle convinzioni prevalenti di sviluppo della tecnologia; esse sono:
- la riduzione del 7 per cento all’anno del prezzo dei pannelli solari; una volta che il costo di un impianto di un Kwp sia sceso a 1.000 euro (fra 20 anni) esso rappresenterebbe un valore limite non ulteriormente abbassabile;
- il prezzo dell’energia è stato fissato costante in 10 centesimi per Kw/h, lievemente superiore al prezzo prevalente sul mercato nazionale, ma ampiamente inferiore al prezzo medio pagato dalle imprese italiane;
- nei primi cinque anni si è ipotizzata una progressiva crescita dell’installazione di pannelli solari, fino a raggiungere i 25 ettari all’anno per poi rimanere stabile su questa estensione.
Il profilo finanziario dell’iniziativa mette in luce che il fabbisogno di risorse sarebbe inferiore a 600 milioni di euro da suddividere nei primi dieci anni; al 15° anno l’iniziativa inizierebbe a generare cassa; dopo 30 anni, a fronte di una capacità produttiva installata superiore a 1.200 Mw/h, funzionante a costo zero, l’iniziativa avrebbe generato 280 milioni di euro. Si tratta in definitiva di un investimento di lungo termine con degli indubbi vantaggi economici ed ambientali rispetto ad iniziative alternative; l’impegno finanziario sarebbe circa un decimo della costruzione di una centrale nucleare di potenza analoga senza i giganteschi problemi ecologici in fase di funzionamento (riscaldamento del territorio e dell’acqua circostante, sicurezza) e di smantellamento (gestione delle scorie); malgrado il relativamente limitato fabbisogno finanziario, l’orizzonte temporale è tipico degli investimenti pubblici.
Ove l’iniziativa fosse sostitutiva di altri progetti (ad esempio la costruzione di centrali nucleari) avrebbe un rilevante effetto positivo sulle uscite pubbliche. Il favorevole profilo finanziario consente comunque allo Stato di delineare progetti societari che consentano il recupero immediato delle risorse necessarie per l’investimento; si può pensare ad esempio alla costituzione di una joint venture tra le Ferrovie dello stato e l’ENEL che si apra ai risparmiatori “ecologisti” mediante aumenti di capitale assistiti da incentivi simili a quelli delle ristrutturazioni edilizie (36 per cento di detrazioni fiscali in 10 anni). Per garantire il perseguimento degli obiettivi sociali, potrebbe essere esplorata la possibilità di avere una governance che garantisca l’ingresso, in rappresentanza degli azionisti privati, dei rappresentanti delle principali associazioni ecologiste.
Al termine del primo decennio di operatività, quando la fase di investimento finanziario sarà conclusa, le azioni potrebbero essere quotate sul mercato regolamentato. Naturalmente con il trascorrere del tempo potrà essere presa in considerazione la possibilità di espandere il progetto, sia individuando altre tipologie di spazi da coprire con pannelli fotovoltaici, sia esportando in altri paesi il modello qui delineato. Con una chiara prospettiva di ritorno economico, la borsa potrebbe essere il luogo ove raccogliere nuovo capitale.
Ad un primo calcolo, le pensiline della stazione Termini di Roma possono ospitare circa 30.000 metri quadri di pannelli solari, che potrebbero fornire una potenza di circa 4 Mwp e generare una produzione annua di oltre 5 Mw/h. Ai prezzi attuali, l’investimento sarebbe dell’ordine di 15 milioni di euro e il valore dell’energia prodotta, sarebbe, ai prezzi correnti, superiore ai 500.000 euro all’anno; l’investimento sarebbe ripagato dall’intera vita utile dell’impianto. Vi sarebbero altri vantaggi, anche economici, tra i quali:
- non sarebbero immessi nell’atmosfera circa 2.500 tonnellate all’anno di anidride carbonica e si avrebbe un risparmio nel consumo di circa 1.200 tonnellate equivalenti di petrolio;
- sarebbe evitata un’ingente dispersione di calore nell’ambiente (aria, acqua);
- ne avrebbe giovamento la bilancia dei pagamenti del nostro paese, tradizionalmente deficitaria con particolare riferimento al comparto energetico;
- verrebbe creata una quantità di lavoro stimabile in circa 300 anni/uomo
- il bilancio pubblico beneficerebbe degli incassi dei contributi e delle imposte sul reddito dei nuovi occupati.
A regime, i suddetti benefici ecologici sarebbero superiore di 230 volte, così come il beneficio sulla bilancia dei pagamenti; il quinto anno la nuova occupazione toccherebbe le 1.500 unità.