Crisi economica e settori strategici in una visione ecologica
Recentemente ho letto alcuni articoli che danno un po’ il senso del “non senso”. Da un lato si legge di un possibile aumento di PIL dello 0,6% grazie alla riqualificazione energetica nel settore pubblico, dall’altro si delineano finanziamenti governativi per il settore moda. La cosa stride. Siamo in crisi e, ora più che mai sarebbe doveroso rafforzare investimenti che producano effetti nel lungo medio e lungo periodo.
Sarebbe bene invece tralasciare spese superflue e assistenzialiste nei confronti di un settore che non sa, non ha saputo e forse non può guardare lontano e che propone modelli di consumo insostenibili. Aldilà delle ovvietà dobbiamo comunque considerare una situazione drammatica di chi perde il posto di lavoro e di chi si ritrova senza mezzi di sostentamento. A guardare dall’esterno è semplice, ma all’atto pratico a vivere certe situazioni non lo è mai.
Detto questo, appurata la crisi ed il dramma umano, si dovrebbe però capire che in periodi di trasformazione come quello attuale è strategico muovere le pedine, la forza lavoro, da dove non servono più (o servono meno) a posti che possano garantire continuità. Periodi di trasformazione sono sempre esistiti, la differenza sta nella specializzazione indotta dal sistema.
Chi eccessivamente specializzato si trova in difficoltà se il suo settore risulta essere superfluo; è un discorso di buon senso ma che rientra anche in un più ampia visuale ecologica dove, se cambiano le condizioni di contorno, si svilupperanno maggiormente gli individui meno specializzati a spese di chi ha investito in termini evolutivi in un determinato settore.
Nulla di nuovo sotto il sole e la scienza economica e sociale rientrerebbero, come spesso accade, in una logica ecologica (scusate il gioco di parole). Prevedibile era la crisi, prevedibili sono le scelte politiche che spingono un paese a fornire fondi ad un settore quale quello della moda. La natura insegna che in una situazione di transizione qualche “vittima” è inevitabile. Il futuro di certi beni voluttuari e modaioli, starà nella loro capacità di evolvere e trovarsi un ruolo in questa sorta di ecologia dei consumi. Sempre che le risorse presenti ne consentano lo sviluppo. Oggi possiamo solo cercare di limitare il numero delle “vittime”.
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Foto | José Goulão