La semina su sodo e il ciclo del carbonio
Da circa 20 anni la semina su sodo e le lavorazioni minime sono state utilizzate in agricoltura per la loro capacità di arricchire il terreno di sostanza organica. Questo in quanto il terreno essendo meno arieggiato ha una minore capacità di ossidare velocemente i residui colturali in esso presente.
Altri vantaggi riguardano una minore erosione dei suoli collinari e montani con conseguente mantenimento dello strato fertile di terreno. Insomma, una serie di caratteristiche alle quali si aggiunge un ridotto consumo energetico per la trazione dei trattori ed una minore usura degli strumenti.
Sembra tuttavia che, per quello che riguarda il bilancio del carbonio nel terreno (leggasi sostanza organica), nei primi 60 cm non si evidenzierebbe una sostanziale differenza tra l’aratura tradizionale e le lavorazioni minime. I ricercatori hanno evidenziato che nei primi 20 centimetri di terreno possiamo riscontrare un effettivo incremento di sostanza organica con la semina su sodo, mentre con l’aratura tradizionale le concentrazioni maggiori si trovano ovviamente vicino alla suola di lavorazione.
Quindi per le misurazioni sarebbe bene considerare una profondità maggiore per poter rilevare effettivamente il vantaggio in termini di accumulo di sostanza organica nel terreno. Andrebbe infine considerata la concimazione azotata che, per le lavorazioni tradizionali, ridurrebbe fortemente il carbonio nei primi strati di terreno stimolando l’attività di flora e fauna e quindi la mineralizzazione della sostanza organica presente.
Via | SSAJ (Soil Science Society of America Journal) qui il pdf dello studio
Foto | pizzodisevo (sorry, I have no much time)