L’elusione è l’evasione fatta dai ricchi
Il numero di giugno di Altreconomia è stato spedito ai venditori (lo trovate nelle botteghe, oppure abbonandovi, che costa pochissimo). Un numero tutto dedicato ai consumi: in tutto il Paese ci sono 795 centri commerciali più grandi di 5mila metri quadrati, ma nei prossimi anni nasceranno iper per altri 5 milioni di metri quadrati. All’interno, un’inchiesta e numerosi servizi fanno il punto sul confronto tra “vecchi centri commerciali e nuovi stili di consumo”. L’inchiesta, “Il super punta a Sud”, guarda al meridione d’Italia invaso da chi costruisce e gestisce centri commerciali. Anche nel 2008, in tutta Italia sono stati inaugurati 29 centri commerciali; 9 nelle Regioni meridionali. La Sicilia è in pole position per nuovi progetti (ce ne sono una dozzina in costruzione, da Catania a Palermo, da Enna a Caltanisetta), perché sull’isola la superficie commerciale occupata dalla grande distribuzione è, in media, di 88 metri quadri per abitante, contro una media nazionale di 220. Il problema è che in molte Regioni manca ancora una legislazione adeguata: nel Lazio, ad esempio, il piano per l’insediamento di attività commerciali della gdo è scaduto nel 2005, e da allora lo sviluppo dei centri commerciali è avvenuto in deroga agli indici regionali, ai piani regolatori e ai pian i del commercio.
Ma tra i tanti servizi, noi di finansol.it abbiamo intervistato su crisi economica, finanza e fiscalità l’ex ministro Vincenzo Visco, l’uomo delle tasse dell’ultimo governo di centro sinistra. “L’elusione è l’evasione dei ricchi”, ci ha detto. E parlando di commercio equo e finanza etica gli ha definiti movimenti in grado di “aiutare la sinistra a rinnovarsi e a recuperare l’idea della solidarietà e dell’eguaglianza”.
L’indice completo del numero 106 di Altreconomia lo trovate qui.
Qui di seguito un piccolo estratto dell’intervista a Vincenzo Visco. Per leggerla in versione completa abbonatevi ad Altreconomia [...]
Vincenzo Visco è stato il ministro dei nostri soldi in alcuni dei momenti cruciali degli ultimi 13 anni. Parlare con lui significa affrontare una conversazione a mezza via fra il “tecnico” ed il politico. Gli chiediamo un giudizio di questa congenita antipatia degli italiani verso le tasse e dello stato della finanza italiana (e non solo) in questa fase di profonda crisi.
1) Professor Visco, ha una scrivania piena zeppa di rapporti sulla finanza internazionale: non eluderei la domanda sulla crisi che stiamo attraversando e sulla sua natura parallela rispetto all’economia reale. «Io non credo affatto che la finanza fosse parallela e distaccata dall’economia reale o che lo sia stata; questa finanza nasce per servire l’economia reale e i nuovi prodotti della finanza derivata - strumenti tecnici complicati che però avevano obiettivi semplici come l’abbassamento dei costi nella raccolta di capitale - servivano per finanziare tutti i nuovi investimenti nelle nuove tecnologie avvenuti negli ultimi 20 anni. Credo piuttosto che quanto successo - esattamente come quanto accadde negli anni 30 del secolo scorso - sia espressione della crisi di un modello di sviluppo arrivato alla sua massima espansione. È ovvio che un’ondata d’innovazione tecnologiche come quella degli ultimi decenni modifica in profondità i modelli di consumo, e i modi di produzione, e quindi sollecita cambiamenti e innovazioni di tipo liberista che annullano i sistemi di controllo abituali. È in quel momento che la finanza - senza controlli - si rende autonoma ed indipendente e sembra dissociarsi dall’economia reale, ma sembra solo perché se fosse stata effettivamente dissociata la crisi si sarebbe esaurita nelle banche. Adesso bisognerebbe capire con quanti anni di stagnazione pagheremo questa esasperazione, e quale sarà l’impatto sugli ultimi, sui più deboli che sono quelli che davvero pagano questi svarioni. In Italia il problema sono i precari, e per loro il governo non sta facendo praticamente nulla.»