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Un terremoto di sistema

30 luglio 2009 0 commenti

aeluglio09Poco meno di tre mesi fa - a L’Aquila, in Abruzzo - un terremoto ha sconvolto molte vite e i 3/4 delle costruzioni esistenti. Oggi nessun media dice quasi più nulla riguardo la situazione degli sfollati o di chi cerca di governarli e di come lo stia facendo, del perché sia li a farlo e di quali delle tante promesse stia mantenendo.

Secondo la teoria della shock economy (dal libro di Naomi Klein pubblicato in Italia da Rizzoli) quello dell’Abruzzo è un terremoto “di sistema”, uno di quegli eventi in cui - facendo leva sull’emergenza - la ricostruzione minaccia l’economia locale, agricola e cooperativa. Proprio come accadde a New Orleans: i fondi pubblici stanziati per fronteggiare l’emergenza, e garantire l’assistenza e la ricostruzione, serviranno a far “ripartire” solo ciò che è funzionale al sistema per cui - in nome del ritorno alla normalità - anche piccole aziende biologiche e cooperative di produzione e consumo diventano anticorpi economici, sociali e culturali da debellare.

Ma in Abruzzo, che aveva molti problemi anche prima della tragica notte d’inizio Aprile - la ricostruzione rischia di annullare il mercato di riferimento di una micro-economia fatta di cooperative agricole, produttori biologici, mercati locali, esperienze di accoglienza diffusa nei Parchi nazionali. Esperienze “visionarie”, lette però come “retroguardia” dalle istituzioni che non fanno niente per farla ripartire. Circa 50mila persone restano sfollate, nelle tendopoli o presso hotel della costa, mentre Governo e Protezione civile pensano solo a dar vita al Piano “C.a.s.e.”, una ventina di nuovi quartieri dove realizzare condomini per 13mila abitanti. Un favore a chi aveva comprato quei terreni agricoli, e oggi se li vede espropriare come edificabili. Le case sfitte (almeno 3mila, secondo l’Associazione dei costruttori locali) restano sfitte, e i cantieri aperti prima del 6 aprile fermi: scelte prese dall’alto, senza valutare le reali esigenza degli aquilani, tornare nella loro città, diventata “zona rossa”. Nelle tendopoli manca l’informazione.

Di questo e di molto altro si parla sul numero di Luglio/Agosto di Altreconomia, che trovate nelle botteghe del commercio equo o in abbonamento chiamando lo 02/87365600 o scrivendo a segreteria [chiocciola] altreconomia [punto] it