Interviene Giorgio Dal Fiume
Riceviamo un interessante commento da Giorgio Dal Fiume che crediamo meriti d’esser rilanciato nei suoi aspetti principali (il commento completo invece lo trovate qui). Giorgio è stato per anni il presidente di Ctm Altromercato negli anni in cui il commercio equo è diventato quel che adesso conosciamo, ed ora ne cura i rapporti internazionali. Crediamo che segnali la fertilità dell’argomento sollevato da Vincenzo nell’articolo “Il giusto prezzo dell’equo”. Questi sono i dibattiti per cui nacque il blog.
“Salve,
intervengo sulla discussione, stimolato oltre che dall’articolo iniziale di Comito, dagli interventi successivi. Comito stesso riconosce che un pezzo autorevole del Fair Trade internazionale (Flo) sta intervenendo sul problema che lui solleva (sulla base di una non meglio precisata “ricerca”) relativo al prezzo di acquisto del caffè. Precisando poi che nel cercare eventuali migliorie occorre evitare di danneggiare i produttori con aumenti di prezzi che si traducano in fuoriuscita dal mercato, mi sembra che implicitamente riconosca la complessità della situazione […]
Innanzitutto, è verissimo quanto dice Alvaro: per quanto importantissimo, il criterio del “prezzo” non è quello più importante nel Fair Trade: nettamente più significativi sono quelli della “relazione commerciale di lunga durata” e del “prefinanziamento”, come si può constatare verificando discussioni e decisioni prese nei contesti internazionali del Fair Trade (WFTO). E come si può desumere dalla definizione internazionale del Fair Trade, che parla di “relazione commerciale” [trading partnership], nella quale il prezzo è solo uno degli ingredienti, risultando determinante il modo con il quale esso - come gli altri fattori - viene stabilito. In generale i produttori sanno bene che è proprio l’applicazione congiunta dei criteri “impegno a relazioni di lungo periodo”, “obbligo ad offrire un prefinanziamento fino al 50%”, e “prezzo fisso” che fanno del Fair Trade una “partnership” ed un sistema commerciale radicalmente alternativo al sistema tradizionale.
Poi occorre aver presente - se si vuole parlare di Fair Trade in generale - che tra i circa 5.000 prodotti commercializzati al suo interno, solo in 2 casi (caffè e - anni fa - banane) si sono a volte manifestati a livello internazionale problemi relativi al prezzi. Problemi sollevati in particolare, e non a caso, in sede FLO (mai in sede WFTO, la federazione mondiale che riunisce le organizzazioni di commercio equo, ove il sottoscritto rappresenta l’Italia nel Board Europeo), in quanto connessi ai costi di certificazione ed ai vincoli posti da FLO. Ma mai si è contestato il valore aggiunto del Fair Trade (quell’attuale +10/15% [...], affatto disprezzabile, che anni fa era +300%, e potrebbe tornarlo domani, come i produttori sanno bene dato che si parla di “prezzo fisso minimo garantito”, altro criterio fondamentale). Anche perché è diffusa la consapevolezza che una parte delle eventuali difficoltà nello stabilire i prezzi delle commodities deriva dalla scelta - per ovvi motivi di evitare concorrenze interne - di avere un prezzo unico per materie prime che vengono da paesi (di America Latina, Asia, Africa: è il caso proprio di banane e caffè) con costi di mano d’opera e di produzione estremamente diversificati tra di loro. Finora le scelte dei produttori stessi sono state di conferma di un prezzo “equo” unico a livello mondiale.
Aiuterebbe quindi ad affrontare il tema in modo non provinciale e “settario” (cioè, chiusi nelle proprie convinzioni) l’avere presente che di questi temi (incluso il rapporto con la GDO: libero ognuno di pensarla come vuole, ma è utile almeno tenere in considerazione che le scelte interne a FTO o al WFTO sono state oggetto di ripetute votazioni democratiche) considerare che nel Fair Trade se ne parla eccome, valorizzando eventuali contributi esterni ma anche contestando nel merito accuse generiche [...]
(Il commento è stato editato dall’autore del post, quello originale lo trovate qui)