Specie tropicali, mucillagini, alghe assassine. Panoramica sui cambiamenti del Mediterraneo
Povero Mediterraneo fra mucillagini, invasioni di alghe assassine e arrivo di pesci tipici di acque più calde e addirittura tropicali. La foto a fianco ne ritrae uno, la donzella pavonina. Se volete una panoramica sugli effetti che i cambiamenti climatici hanno già avuto sul Mare Nostrum, eccovi serviti.
Il dossier si chiama “Inferno Mare”, e Greenpeace l’ha messo insieme componendo una sorta di mosaico generale attraverso una trentina di pubblicazioni scientifiche settoriali.
Greenpeace ammette per prima che “Inferno Mare” non è un rendiconto completo: e infatti non ho trovato traccia delle invasioni di meduse. Però ce n’è già in abbondanza lo stesso.
La temperatura delle acque superficiali del Mediterraneo Nord Occidentale lungo le coste è aumentata di un grado negli ultimi trent’anni.
Se vi sembra una bazzecola, ricordare che un grado fa la differenza fra ghiaccio e acqua, fra pioggia e neve. E ricordate anche che la temperatura terrestre globale è aumentata “solo” di 0,8 gradi rispetto a prima della Rivoluzione Industriale.
Lo stress da cambiamenti climatici ha afflitto in vario modo molte specie, fra cui le sardine (la pesca è letteralmente collassata nell’Adriatico negli Anni 80), le spugne e i coralli.
Un altro fenomeno sempre più frequente è quello delle mucillagini, sia nel Tirreno sia nell’Adriatico, dove la “fioritura” è legata alle sostanze nutritive immesse in mare a causa delle improvvise variazioni del flusso del Po.
Ancora nel Mediterraneo Nord Occidentale sono diventate comuni specie proprie della sponda meridionale del mare. Stelle di mare, ricci e un pesciolino colorato, la donzella pavonina, il cui fronte di distribuzione negli ultimi vent’anni è avanzato di mille chilometri.
Poi ci sono le “specie aliene” arrivate in seguito all’apertura del canale di Suez, ma non se ne sono state buone buone nella zona Sud del Mediterraneo. Le ritroviamo anche nei mostri mari. E’ il caso del pesce palla segnalato in Calabria, e che ha avuto una crescita esplosiva nel settore orientale del Mediterraneo.
E c’è anche la caulerpa, l’ “alga assassina”. Due specie, per la precisione, ormai comuni nei mari italiani e note per alterare profondamente gli ecosistemi sui fondali del Mediterraneo.
Greenpeace propone di fronteggiare la situazione diminuendo drasticamente le emissioni di gas che causano l’effetto serra e creando vaste riserve marine. Sta di fatto che, con tutti questi cambiamenti, rischiamo di non riconoscere più il “nostro” mare.
“Inferno Mare”, il dossier sui cambiamenti subiti dal Mediterraneo
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