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Raccolta differenziata, la percentuale di riciclaggio effettivo è ignota. Dove vanno i nostri rifiuti?

20 luglio 2009 0 commenti

monnezzaTrovo interessante la piega che ha preso la discussione sotto il post di sabato dedicato alla fine che fanno i nostri rifiuti.

In Italia la legge impone ai Comuni la raccolta differenziata, anche se non tutti la organizzano. Ma non impone affatto l’effettivo riciclo del materiale frutto della raccolta differenziata. Proprio così. Insomma: ci prendono in giro. O almeno possono farlo in modo pienamente legale.

Vetro, carta eccetera accuratamente separati in casa possono finire in discarica o all’inceneritore. Non è un reato. Dunque che fare?, ci si chiedeva nei commenti. E ciascuno ha detto la sua.

Desidero però prima ribadire meglio il quadro generale della faccenda. La legge impone che in questo 2009 i Comuni intercettino con la raccolta differenziata il 50% dei rifiuti: una percentuale che di anno in anno aumenta. Nel 2008 era del 45%.

La legge però non impone nulla, non ha mai imposto nulla, a proposito del destino del materiale frutto della raccolta differenziata.

Comuni, Consorzi rifiuti, Regioni sono prodighi di dati relativi alla raccolta differenziata. Vi sfido a trovare uno di questi enti, uno solo, che dica anche quale è la percentuale di effettivo riciclaggio. Io non l’ho mai trovato: se esiste, sono lieta di saperlo.

Così in realtà non sappiamo che fine fanno la carta, il vetro eccetera che separiamo accuratamente. Secondo me vengono effettivamente riciclati solo quando il prezzo dei materiali di recupero è sufficientemente alto da permettere un guadagno. Ultimamente questo prezzo è molto basso e la raccolta differenziata è andata in crisi.

E poi c’è il problema segnalato da Massimo. Un problema non da poco: la gente fa molti errori quando differenzia i rifiuti, un po’ per ignoranza e incuria, un po’ per le regole bizantine che presiedono alla differenziazione, e che variano da luogo a luogo.

Massimo fa l’esempio delle stoviglia di plastica usa e getta. A Torino, dice, devono finire nell’indifferenziato. Nel contenitore per la raccolta differenziata di plastica sono considerati “impurità”. La loro presenza rischia di far rifiutare il carico.

Roberto propone la strada della sensibilizzazione. Insegnare a scegliere i prodotti che non generano rifiuti. Sono d’accordo, così come sono d’accordo con Adriano che mette l’accento sui comportamenti individuali.

Anche secondo me la strada è quella della riduzione dei rifiuti più che del riciclaggio, che ritengo una sorta di “piano B” da usare per quel poco di monnezza davvero inevitabile.

Il singolo può - ovviamente - ridurre i rifiuti propri: cosa che tuttavia non cambia l’andazzo generale. Però il singolo può fare un’altra cosa. Rendersi conto che paghiamo tre volte i rifiuti: compriamo al supermercato involucri inutili compresi nel prezzo dei prodotti che ci servono; paghiamo la bolletta dei rifiuti perchè qualcuno li porti via; paga ancora, attraverso il perverso meccanismo Cip6, perchè chi eventualmente incenerisce i suoi rifiuti ci possa anche guadagnare.

Il singolo può rendersi conto di tutto ciò, e seminare questa consapevolezza. Da essa non può che nascere la richiesta forte di una diversa organizzazione collettiva. Produrre rifiuti fa male alle nostre tasche, oltre che all’ambiente.

Se tanta gente se ne rende conto, magari ci staranno a sentire. Con i rifiuti ci pelano il portafoglio per tre volte e in più appestano l’ambiente.

Foto Flickr

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