Niente recupero del Cunsky. Si preleveranno solo campioni, e prima bisogna redigere un protocollo
Va insopportabilmente a rilento il recupero del Cunsky, la nave affondata dalla mafia con rifiuti radioattivi affidati forse da un apparato dello Stato.
Passati 45 giorni, la promessa di un recupero “in tempi rapidi” dei bidoni contenuti nel Cunsky si è decisamente stemperata. Anzi: non se ne parla nemmeno. Sono invece spuntati numerosi adempimenti preliminari, per così dire. Verificare l’identità del relitto, prelevare dei semplici campioni e ancor prima mettere a punto un protocollo per farlo in sicurezza. Campa cavallo.
Partorito il protocollo, entreranno nel vivo le operazioni condotte dalla Mare Oceano, la nave di una società privata che da qualche giorno ha raggiunto il relitto e che comunque non è attrezzata per il recupero. Pare che la Mare Oceano costi 35.000 euro al giorno. Si è invece smaterializzata la nave dell’Eni che doveva intervenire gratuitamente.
Da 45 giorni si sa che al largo di Cetara, lungo le coste calabresi, giace affondata una nave carica di fusti.
L’ha indicata un pentito, aggiungendo che è appunto il Cunsky, affondato la mafia e pieno di rifiuti tossici e radioattivi. Qualcuno dice che i rifiuti potrebbero venire dall’Enea e dall’Eni, e che i servizi segreti avevano stretto un patto con la criminalità organizzata per farli sparire.
L’esistenza di un relitto e dei fusti è testimoniata dal filmato girato da un robot inviato dalla Regione Calabria.
Il Financial Times ipotizza un collegamento fra la natura del carico e la disgraziata stagione nucleare italiana che è stata chiusa negli Anni 80 senza aver mai prodotto un sistema coerente di trattamento delle scorie.
Del (presunto) Cunsky si parla e si scrive già da giorni quando da Pechino, il 15 settembre, si fa viva anche il ministro Prestigiacomo, annunciando una task force per coordinare gli interventi e “monitoraggio in mare già in via di attuazione”.
Monitoraggio in mare, chi l’ha visto? Della nave dei veleni il ministro riparla – soltanto riparla – tre settimane più tardi. Al question time della Camera annuncia: per identificare il relitto è partita da Cipro una nave della Saipem, società del gruppo Eni, che si è offerta di svolgere gratuitamente il compito.
Se la nave affondata risulterà effettivamente essere in Cunsky, aggiunge, “disporremo il recupero dei barili” in tempi “rapidissimi” e “stiamo già verificando, a livello nazionale o internazionale, per assicurare che il recupero venga fatto in sicurezza”.
Rapidità e nave della Saipem: anche queste, chi le ha viste? Da Cipro la nave non è mai partita per mancanza dei “permessi” che lo stesso Ministero e la DDA di Catanzaro avrebbero dovuto rilasciare.
Al suo posto, e siamo ormai al 21 ottobre, fa rotta verso la Calabria la nave Mare Oceano che fa capo alla Geolab di Napoli e che non lavora gratis. Si dice che costi 35.000 euro al giorno.
I fusti intanto sono sempre là sotto. La Mare Oceano ha attrezzature in grado di operare in profondità, di fotografare immagini nel dettaglio e di rilevare la radioattività, ma non è attrezzata per il recupero dei fusti che il ministro Prestigiacomo aveva promesso “in tempi rapidissimi”.
Capito? Più che del recupero di almeno un fusto, ormai si parla di rilevamento della radioattività e del prelievo di campioni. Però le ultime notizie sono che, se effettivamente sarà rilevata radioattività in zona, bisognerà seguire un protocollo di intervento per operare in sicurezza. E il protocollo è ancora in preparazione al ministero dell’Ambiente.
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