Non è il Cunsky e “non c’è radioattività”. Ma sarebbe accertabile solo analizzando il fondale
Il relitto al largo di Cetaro, in Calabria, non è il Cunsky: le fotografie della sagoma non corrispondono. E non ci sono alterazioni della radioattività fino a 300 metri di profondità.
Diffonde camomilla il comunicato stampa emanato oggi dal ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo con gli ultimi aggiornamenti relativi alla “nave dei veleni”.
Ma dimentica di dire una cosa. Solo analizzando i sedimenti dei fondali, a 400 e rotti metri di profondità, si potrebbe accertare la presenza di eventuali sostanze radioattive diffuse dai fusti contenuti nella stiva del relitto.
Non sono malignità allarmistiche: lo dice il responsabile del servizio emergenza ambientale dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale). Andiamo con ordine.
Un pentito ha indicato la presenza sul fondale di Cetara del relitto della nave Cunsky, affondata dalla mafia con 120 bidoni di rifiuti pericolosi. Si è detto che sarebbe roba tossica e radioattiva proveniente anche dall’Enea e dall’Eni, e che i servizi segreti avrebbero stretto un patto con la criminalità organizzata per farla sparire.
Il Financial Times l’ha addirittura collegata con la disgraziata stagione nucleare italiana, che non ha mai prodotto un sistema coerente per il trattamento delle scorie.
Il relitto esiste, esattamente là dove il pentito l’aveva indicato, e a bordo ci sono dei bidoni. Il robot munito di telecamera mandato dalla Regione Calabria in settembre ha accertato uno squarcio nella fiancata provocato da un’esplosione all’interno della nave: come se appunto fosse stata affondata.
Fin qui, tutto sembra corrispondere. Ma la sagoma del relitto non è quella del Cunsky, accertano i rilievi condotti in questi giorni dal ministero dell’Ambiente attraverso la nave Mare Oceano. Un ulteriore mistero italiano, si direbbe.
Si è detto più volte che il Cunsky era stato ripetutamente rimaneggiato. Non mi intendo di navi: non so se si può modificarne l’aspetto in modo così notevole. Ma non è questo il punto.
Il nocciolo della vicenda è che la Mare Oceano non è attrezzata per recuperare i bidoni: e comunque per farlo bisognerebbe prima attendere un protocollo (di cui non c’è traccia) messo a punto dal ministero dell’Ambiente per operare in sicurezza di fronte all’eventuale presenza di sostanze radioattive.
E recuperare i bidoni sarebbe l’unico modo per fare luce sulla vicenda. Lo si deduce da una dichiarazione rilasciata all’Ansa da Ezio Amato, ricercatore e responsabile del servizio emergenza ambientale dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale).
Ha parlato “dalla sala controllo posta nella pancia della Mare Oceano” e ha detto in sostanza che finchè non si recuperano i bidoni è impossibile capire se contengono sostanze radioattive.
Le sue parole testuali: ”Sott’acqua i raggi gamma non si vedono, e meno ancora quelli alfa. Se per esempio ci fosse plutonio in uno dei contenitori e questo per caso si fosse aperto, la sostanza, per la sua pesantezza, scenderebbe sul fondale e si potrebbe rilevare solo prelevando quel tratto di sedimento”.
Dunque la mancata rilevazione della radioattività a 300 metri di profondità non prova un bel niente. Ma questo nel comunicato del ministro Prestigiacomo non c’è scritto.
Il comunicato stampa del ministro Prestigiacomo: il relitto di Cetaro non è il Cunsky e non ci sono alterazioni della radioattività a 300 metri di profondità
L’intervista all’Ansa del responsabile Ispra: solo analizzando i fondali si potrebbe accertare l’eventuale presenza di sostanze radioattive disperse dai fusti
Foto ministero dell’Ambiente