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Il vortice dei rifiuti nell’oceano Pacifico e i suoi fratelli. Li scopre un’inchiesta finanziata dal web

13 novembre 2009 0 commenti

rifiuti in mareGrazie ai finanziamenti raccolti sul web ha fatto un’inchiesta sul vortice dei rifiuti, l’enorme ammasso di immondizia proveniente da tutto il mondo che il gioco delle correnti raduna nell’oceano Pacifico, in un’area grande – si stima – due volte la Francia.

Ha scoperto che probabilmente ci sono altri analoghi vortici dei rifiuti negli oceani. E ha pubblicato il suo reportage sul New York Times.

Il pezzo pubblicato sul New York Times e finanziato dal web porta la firma di di Lindsey Hoshaw, una giornalista free lance americana. L’articolo spiega innanzitutto come le correnti radunano l’immondizia finita in mare da tutto il mondo. Fra i rifiuti spicca la plastica, il più durevole.

Le onde riducono a pezzettini questi cascami della nostra civiltà. Milioni di milioni di frammenti piccoli e piccolissimi, che – come spugne – assorbono le sostanze tossiche tipo Pbc e Ddt, non solubili in acqua. I pesci che si nutrono di plancton ingeriscono queste particelle avvelenate, ed esse entrano così nella catena alimentare.

Lindsey Hoshaw ha intervistato Charles Moore, che 12 anni fa per caso scoprì il vortice dei rifiuti nel Pacifico. Riporta la sua convinzione che vi siano altre analoghe concentrazioni di immondizia nei mari di tutto il mondo.

Una probabilmente è nel Mare dei Sargassi, nell’oceano Atlantico, scrive Lindsey Hoshaw, anche se la sua ubicazione esatta non è stata ancora identificata.

Sta di fatto che i mari di tutto il mondo sono pieni di minuti frammenti di plastica: nel vortice dei rifiuti del Pacifico la loro concentrazione è raddoppiata rispetto a dieci soli anni fa.

Per scrivere che probabilmente ci sono altri vortici dei rifiuti nei mari di tutto il mondo, Lindsey Hoshaw ha dovuto ricorrere a spot.us, un sito internet che raccoglie donazioni dei lettori per finanziare inchieste giornalistiche su temi trascurati ai media che riguardano la California.

Su spot.us i giornalisti propongono temi e i lettori, se lo ritengono, mettono mano al portafoglio. L’inchiesta inizia quando attorno ad un progetto si è coagulato il denaro sufficiente. Altrimenti non se ne fa nulla. Vietato finanziare un’inchiesta per oltre il 20% dei costi, così che non cadano ombre sull’assoluta indipendenza del lavoro.

E’ la prima volta tuttavia che spot.us lavora in tandem con un giornale. Lindsey Hoshaw aveva ottenuto un posto a bordo della nave di Charles Moore diretta verso il vortice dei rifiuti e la storia interessava al New York Times, che però non aveva intenzione di finanziare le spese del viaggio.

E’ un male comune a molti editori, e non solo americani. Le inchieste costano: fare il copiaincolla coi comunicati stampa consente senza dubbio di risparmiare. La qualità dell’informazione però ne risente. Diminuiscono i lettori e diminuisce ulteriormente, di conseguenza, qualsiasi velleità di sopportare i costi di un’inchiesta.

Ci sono tante storie che approfondirei volentieri: l’emergenza rifiuti a Palermo e a Napoli, il tempio romano di Sora buttato in discarica, la pesca illegale del tonno rosso… Se qualcuno volesse finanziare le mie inchieste, è avvertito.

Sul New York Times il vortice dei rifiuti nell’oceano Pacifico e i suoi fratelli

Il blog di spot.us con la genesi dell’inchiesta sul vortice dei rifiuti nel Pacifico finanziata dal web

Foto Flickr

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